Quarto stato - Dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo

Il Parlamento non è la casta

il quarto stato

Le discussioni sulla mitica tazzina di caffè, che ruotano intorno all’ormai imminente referendum, stanno ormai mettendo a dura prova la sopportazione. Altrettanto, risulta alquanto spossante trovare chi sappia dare risposte agli immancabili ostacoli che una riduzione scriteriata dei parlamentari frapporrebbe al regolare svolgimento dei lavori delle commissioni. Lavori che, nella prevedibile impasse delle commissioni, si riverserebbero immancabilmente sul Governo realizzando, nei fatti se ancora non nella forma, la deriva verso il presidenzialismo. Del tutto irrazionali e prive di fondamento appaiono infine le argomentazioni di coloro che vanno sostenendo la tesi (?) secondo la quale, ad una riduzione dei componenti operata alla cieca e con l’ attuale legge elettorale, corrisponderebbe un maggiore impegno e un recupero di moralità da parte dei superstiti alla mattanza la quale, in ogni caso, non potrebbe verificarsi che successivamente all’approvazione di una nuova legge elettorale. In molti casi, in certi deliri della ragione credo che l’esasperazione e un viscerale generico odio nei confronti della politica stiano giocando un ruolo importante e, di questo, alcuni settori della politica ne stanno approfittando in maniera plateale. Un odio, talvolta viscerale, che induce una parte significativa degli elettori ad identificare l’intero Parlamento come una “casta” autoreferenziale. L’autoreferenzialità, tanto dei singoli quanto dei partiti politici, che pure alligna in larghi strati delle istituzioni, peró non è prevista nella nostra Costituzione che anzi prevede la libertà dal mandato e il coinvolgimento dei cittadini nella scelta dei candidati e non solo nell’avallo del meno peggio da liste bloccate. Il problema quindi è nella legge elettorale vigente, non nella Costituzione. Una stagione di purghe, orfana di una contestuale riforma della legge elettorale, non solo sarebbe perniciosa per l’assetto dei poteri istituzionali ma non comporterebbe alcuno dei benefici attesi (dagli elettori in buona fede).

In quanto emanazione di una incolpevole Costituzione, la fonte del problema non puó quindi ricercarsi nelle componenti istituzionali e, men che meno, nel Parlamento; di conseguenza, parlare del Parlamento quale sede di una non meglio definita “casta” risulta errato e fuorviante, al limite del pernicioso quando, chi lo sostiene, in altre circostanze accenna a scatolette da aprire (e poi forse gettare?) e di precludere il diritto di voto a intere generazioni di cittadini.

Su questo non mostra alcun dubbio Giorgio Pizzol, ex parlamentare della X legislatura, Sindaco di Vittorio Veneto e avvocato il quale, dal suo articolo sul sito ilparlamento.eu e con un titolo volutamente provocatorio, mette in risalto che, a norme della Costituzione, la casta non puó esistere e che, in ogni caso, il Parlamento non è la sede della casta.”L’affermazione è perentoria, tanto che Pizzol subito ribadisce che:

LA CASTA in Italia non è mai esistita né può esistere. La casta semmai si forma fuori dal parlamento.

La tesi sulla quale si è basata l’azione politica dei populisti è la seguente.“In Italia si è formata una CASTA di politici inamovibili dalle loro poltrone i quali stanno in Parlamento solo per godere degli abnormi privilegi che essi stessi si sono auto-attribuiti. La spesa per il mantenimento della casta è la causa principale del debito pubblico che sta rovinando l’Italia.”Per dimostrare l’assoluta falsità della tesi sopra esposta è sufficiente leggere questi articoli della Costituzione Italiana.Leggiamo. La Costituzione garantisce a tutti i cittadini:
1) il diritto di votare con voto, personale, uguale, libero e segreto (art. 48);
2) il diritto di essere votati (art. 51);
3) il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale (art. 49);
4) il diritto di votare, ogni cinque anni, per il rinnovo (anche totale) delle Camere. (art.60).

E ancora prosegue:

Bene, se è vero – e nessuno lo può negare – che questi articoli sono sempre rimasti in vigore dal 1° gennaio 1948 ad oggi allora è vero che i membri del Parlamento sono, e devono essere definiti, come i legittimi rappresentanti del popolo italiano delegati ad esercitare il potere legislativo all’interno dell’Organo cui questo potere è assegnato dalle norme della Costituzione.

Ricordando i passaggi chiave dell’esplosione della campagna populista, che lui fa coincidere con il V-Day e la pubblicazione, il 2 maggio 2007, del libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo “La casta.”, Pizzol sottolinea, senza mezzi termini, come ampi strati dell’informazione schierata, nel tempo, abbiano poi colpevolmente contribuito alla radicazione di tale sentimento, tra ampi strati della popolazione, nei confronti della politica e delle istituzioni.

Riprendendo le recenti parole dell’on. Villarosa infine Pizzol chiude con una considerazione che suona come monito:

PURTROPPO in Italia c’è libertà di voto”. Così parlando l’on. Villarosa ha tolto agli italiani ogni dubbio sull’esito finale della riforma costituzionale voluta dal M5s: il diritto di voto sarà concesso soltanto agli italiani di provata fede grillina.

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