il popolo in marcia - dipinto

Esodati: surreali soluzioni allo studio

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Dal sito di Agenzia Italia (AGI) Giorgia Ariosto, nel suo articolo del 4 marzo scorso, nel merito delle possibili novità di legge, attualmente allo studio per porre fine al calvario degli esodati scrive:

“A Montecitorio dovrebbe arrivare anche la norma cosiddetta salva-esodati, ovvero la possibilità per chi ha subito un’interruzione del rapporto di lavoro prima della fine del 2011, ed è in disoccupazione, di agganciarsi, versando un modesto contributo fisso, agli attuali strumenti di pensionamento: quota 100, opzione donna o anche anzianità.”

Intanto, occorre chiarire quanto risulti fuorviante il concetto che gli esodati debbano essere “salvati”. Gli esodati necessitano di un provvedimento di equità laddove, con le precedenti salvaguardie, lo Stato l’ha consapevolmente disattesa privilegiando una categoria di lavoratori a dispetto di tutte le altre. Una scelta difforme dal dettato costituzionale che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini; cosa che, nei confronti degli esodati, tra lavoratori con identici requisiti, si è tradotta in un discrimine che arriva a superare anche i cinque anni in termini utili al diritto. Potrebbe apparire una questione di lana caprina ma non lo è. “Salvare” e “salvaguardia” avranno pure una comune radice ma non l’identico significato e gli inopportuni provvedimenti ipotizzati sono la conferma più evidente che, in determinati momenti, le puntualizzazioni sono necessarie, a costo di venire tacciati di pignoleria. Il verbo “salvare” riconduce ad una volontà benigna che travalica il dovuto, mentre “salvaguardare” significa “tutelare da”. È appunto di una tutela che abbisognano gli esodati, non di pelose alchimie legislative, imposte col piglio di chi rifugge dai confronti trincerandosi dietro a scelte d’imperio.

Non di meno, la soluzione che si va prospettando appare irrazionale, irricevibile. In base alle leggi al tempo vigenti e nel momento in cui si trovano ormai in fase previgente il pensionamento, questi lavoratori furono dimessi (spontaneamente ma anche no) ed ora, dopo più di sette anni di vacanza reddituale, gli si chiede di versare altri contributi per riavere quanto gli è stato sottratto. Questo governo ha consapevolezza che, molti di questi lavoratori, in particolare i monoreddito ma non solo (si pensi anche solo a chi era gravato dalle rate di un mutuo), non hanno più un risparmio, hanno smesso di curarsi e sopravvivono grazie agli aiuti della Caritas? Non solo: simili soluzioni sarebbero una condanna all’indigenza perpetua nei confronti delle carriere discontinue, nel cui ambito si collocano in particolare le donne. Gran parte delle donne esodate hanno 28, 29, 30 anni di contributi e chi tra loro sarebbe andata in pensione di vecchiaia, si è vista allontanare il requisito di molti anni grazie all’aggravio congiunto delle aspettative di vita e degli adeguamenti di genere. Quanti contributi dovrebbero versare costoro per raggiungere Quota 100? Non è certo un caso se, proprio i primi dati sull’affluenza delle domande di accesso alla “quota 100” testimoniano la scarsa adesione del mondo femminile (le donne rappresentano a mala pena 1/4 dell’intera platea).

Di quale soluzione, di quale pace contributiva parla quindi questo governo? Nel decreto in approvazione non c’è nulla per gli esodati e, se davvero si sta lavorando a rabberciare soluzioni sulla stessa falsariga, si potrà forse arrivare a sbandierare impudicamente un ennesimo “FATTO!” di fronte all’opinione pubblica ma non certo a cancellare il danno.

Siamo in presenza di un assurdo, per non dire di un vero e proprio aborto concettuale. Un assurdo che trae però alimento da un passato che chiama in causa il precedente governo il quale, per oltre un anno, fu sordo alle insistenti richieste per una IX salvaguardia mentre coltivava l’ipotesi di riversare gli esodati nell’APE dopo aver accarezzatoato, nel 2012, perfino l’idea del contributivo totale. Quello che molti hanno ingenuamente accolto come un cambiamento, si sta rivelando sempre più una continuazione in direzione di una progressiva erosione del regime retributivo e del disconoscimento del dettato costituzionale nel cui merito e fatti salvi pochi isolati esponenti, tutti gli schieramenti sembrano muoversi compatti.

Considerato il muro eretto dall’attuale governo e l’impossibilità di approdare ad un dialogo costruttivo con molti dei suoi componenti, sovente in apparenza digiuni perfino delle più elementari nozioni che concorrono a definire lo status di esodato, non resta quindi che lavorare in ottica di un successivo decreto ad hoc. Meglio lavorare per un decreto successivo, giusto, corretto ed esaustivo, piuttosto che venire coinvolti in un decretone fatto di misure inadeguate, penalizzanti ed ingiuste come quelle che il governo lascia intendere pericolosamente attraverso la grancassa dei media. Il Comitato “Esodati Licenziati e Cessati” si appresta quindi ad operare in tale direzione, intensificando l’informazione attraverso i media e i siti internet per tutelare nel frattempo l’esistenza stessa degli esodati e la sostanza delle loro rivendicazioni di fronte all’opinione pubblica, anche in considerazione delle ormai prossime consultazioni europee e dei relativi consensi attesi. Nel contempo, ribadisce la propria estraneità e distanza da iniziative e accordi non conformi alla rivendicazione della specificità della questione esodati ed alla piena restituzione, in forma e sostanza, del beneficio sottratto ai lavoratori esodati in conseguenza degli effetti retroattivi di una legge dello stato in aperto contrasto con l’Art. 38 della Costituzione e le relative sentenze costituzionali tra le quali, per l’importanza dei concetti ribaditi, a cominciare dal diritto alla tutela del periodo previgente il pensionamento, spicca la sentenza 822 del 1988.

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