manifestazione esodati

La nona salvaguardia nel contesto delle strategie politiche

 

manifestazione esodati

 

Siamo ormai alla soglia della consultazione elettorale e, tra non molti giorni, il divieto di propaganda porrá fine ad una campagna elettorale che, in quanto a promesse e surrealtá non ha eguali nella storia della nostra Repubblica. Una domanda deve quindi sorgere spontanea alla mente del cittadino: è solo propaganda becera o dietro le promesse ci sta della sostanza? Se questa sostanza esiste, siamo certi di conoscerla? Siamo certi che la sostanza della quale si parla corrisponda, da entrambe le parti, a quella a cui noi pensiamo?

All’apparenza, all’alba del 5 marzo (ricorso storico?) ci troveremo in un nuovo Paese, oserei dire addirittura in un Nuovo Mondo. Contrariamente agli accordi capestro sottoscritti, più nessun debito pubblico da ripianare (50 miliardi/anno per i prossimi 20 anni), tanto che neanche se ne è fatto cenno  in legge di stabilità. Un quantitative easing che, contrariamente alle manifeste intenzioni di Mario Draghi e in tutta evidenza, si protrarrà probabilmente all’infinito, tanto che, in campagna elettorale, nessuno si è detto preoccupato per le conseguenze che, nel caso contrario, finirebbero per gravare sul debito pubblico e sull’inflazione. La verifica dei conti alla quale verremo sottoposti non appena si sarà insediato il nuovo governo? No problem, tanto che nemmeno di questo si parla; nel dimenticatoio, come nel dimenticatoio, fatta eccezione per un paio di forze politiche, pare essere stato relegata la questione dei 6.000 esodati esclusi dalla ottava salvaguardia.

È pur vero che oggi gli appetiti di consenso mirano verosimilmente a platee ben più consistenti ed è altrettanto vero che il caso esodati, originato da un vulnus legislativo, esula dal contesto programmatico in quanto non ha incidenza strutturale (è in discussione il diritto, non la legge). La complessivamente scarsa e sommaria attenzione prestata alla vicenda impone però qualche riflessione in quanto, se gli esodati non costituiscono materia programmatica, se è venuto meno il loro appeal elettorale, essi costituiscono pur sempre la prova vivente di uno sfregio costituzionale da parte del legislatore, nonché una comunità di 150.000 famiglie, in gran parte salvaguardate ma non per questo dimentiche dei 6.000 compagni di sventura meno fortunati. Una comunità che, durante questi oltre sei anni di lotte per la salvaguardia, ha saputo portare e tener tutt’ora viva l’attenzione al loro problema perfino a Bruxelles mentre che, nel frattempo, nessun governo avvicendatosi alla guida del Paese ha saputo o voluto sanarlo completamente. Si direbbe quasi che la priorità del rispetto della Costituzione, negli anni e nel corso di diverse legislature, abbia finito col subire un duro colpo. D’altro canto, se anche ci limitassimo ad osservare quanto avvenuto in questi ultimi anni, i riscontri non mancherebbero di certo: dall’introduzione del pareggio di bilancio nell’articolo 81, al maldestro tentativo di scardinarne i principi fondamentali col referendum dello scorso anno, per finire alle proposte di modifica dell’articolo 38 sull’onda di un discutibile principio di equità intergenerazionale.

Chi meglio di coloro che oggi predicano la politica dei piccoli passi dovrebbe farsi alfiere dei diritti degli esodati? Invece, senza che dalla minoranza del partito di governo si sia levata una sola parola di dissenso, è stato riconosciuto il diritto al cumulo gratuito dei contributi alla categoria dei professionisti, nota all’erario per l’incredibile esiguità del reddito medio pro capite (15.000 €/anno – dato ISTAT) ed è stato negato a Opzione Donna Social e agli esodati. Si comprendono benissimo le problematiche interne ad un partito che, nel definire le candidature, ha voluto compiere un innegabile balzo a destra ma, proprio per questa ragione, almeno dalla componente minoritaria, preso atto che gli esodati non rientrano nel programma di governo, ora ci si attende una chiara e inequivocabile presa di posizione sulla loro questione.

Altrettanto e forse più ci si attenderebbe da Potere al Popolo, dove nelle candidature sono confluiti alcuni ex esodati ora in pensione. Molto corposo il loro programma e idealmente mirato ad un pieno recupero della sovranità nazionale senza la quale, in questa Europa iperliberista, ogni idea di tenuta e recupero dello stato sociale ha il sapore dell’utopia. Più che un programma di governo, il loro pare un manifesto ideologico: il documento dipinge il mondo che si vorrebbe ma dimentica di affrontare le problematiche, forse spicciole come quella degli esodati, il cui problema è invece drammaticamente contingente. Nessuna traccia degli esodati nel loro documento; tanto meno se ne riscontra traccia nella campagna elettorale dei loro candidati ex esodati che, in vero, sul tema appaiono sfuggenti. Contrariamente a questo, i loro rappresentanti intervenuti all’incontro tenutosi pochi giorni fa a Milano, coi quali abbiamo parlato consegnando loro una documentazione del Comitato “Esodati Licenziati e Cessati”a sostegno della nona salvaguardia, hanno manifestato una apprezzata apertura, meritevole di ulteriori approfondimenti.

Riscontri positivi sono giunti invece da esponenti di Liberi e Uguali e della Lega, uniche due formazioni politiche che, senza perifrasi, hanno inserito la nona salvaguardia nel loro programma politico.Chiara e netta è la posizione di Liberi e Uguali che, al capitolo Welfare del programma, scrive testualmente “va garantita la stabilizzazione di “Opzione donna” e, con una nona salvaguardia, la definitiva soluzione del problema degli esodati”. Parimenti, la Lega inserisce la nona salvaguardia per la platea degli esodati esclusi dalle precedenti salvaguardie al punto 9) e la proroga di Opzione Donna al 2018 al punto 10) del capitolo “Pensioni”del suo programma.

Per restare nell’ambito della questione esodati, la posizione del M5S che, come altre formazioni politiche, ancora non si è espresso, palesa invece una generale approssimativa conoscenza della tematica non comprendendo che “quota 100” e “quota 41” non sono soluzioni applicabili agli esodati in quanto, avendo lasciato il lavoro con la prospettiva di una “quota 97” o “quota 40” ancora da raggiungere, non avrebbero ora la materiale possibilità di raggiungere requisiti che richiedessero una contribuzione maggiore di quella originariamente prevista. Allo stesso modo, sfugge a quasi tutti che, per le otto salvaguardie, è vero che furono inizialmente stanziati 11,5 miliardi ma è altrettanto vero che, a consuntivo di otto salvaguardie, ne risultano spesi appena 8. Considerando che nel programma prevedono l’abolizione della legge Monti-Fornero, è possibile che ritengano con questo di dare soluzione anche al problema esodati ma una siffatta tesi solleva apprensioni non marginali: una legge non può essere semplicemente “abolita” ma deve essere “abrogata” da una nuova legge, nell’iter della quale potrebbe naufragare l’ipotesi di una nona salvaguardia.

Come già sostenuto da questo blog e dal Comitato “Esodati Licenziati e Cessati” in innumerevoli circostanze, la questione esodati non è di natura assistenziale ma di legittimi diritti previdenziali negati che uno stato evoluto, civile e democratico, deve obbligatoriamente sentirsi in dovere di ristabilire e questo dovere deve prevalere sul programma politico di qualsiasi formazione politica, di governo come di opposizione, pena il venir meno della credibilità stessa dei suoi programmi.

24 febbraio 2018 – Un aggiornamento dell’ultima ora:

Ci è appena giunta conferma che anche Potere al Popolo ha inserito la nona salvaguardia e Opzione Donna nel suo programma elettorale.

Estratto dal programma di Potere al Popolo:
Per questo lottiamo per:
l’assunzione di provvedimenti immediatissimi quali la nona salvaguardia per tutti gli esodati rimasti fuori dalle precedenti e la stabilizzazione di “opzione donna”;

L’uso del superlativo nel provvedimento che riguarda gli esodati lascia intendere che Potere al Popolo abbia assunto la linea del Comitato “Esodati Licenziati e Cessati” che, al riguardo, argomenta la necessità di un provvedimento in tempi brevi per via decretizia.
Per Opzione Donna, è importante invece notare l’uso del termine “stabilizzazione” che fa pensare all’intenzione di rendere strutturale l’opzione.

 

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2 risposte a “La nona salvaguardia nel contesto delle strategie politiche”

  1. giuseppe

    la legge fornero fatta in fretta e furia solo per far cassa e illudere i cittadini che era per il loro bene e per il bene dei loro figli .. ,la realtà è che si sono presi i soldi dove si sapeva che cerano ..ma si sono mantenute le diseguaglianze vedi pensioni e vitalizi parlamentari o alcune categorie di statali marittimi esercito e forze dell’ordine a cui sono stati mantenute le leggi precedenti.., strada facendo si sono messe pezze creando ancora più diseguaglianze .. creando delle barriere e delle lotte tra lavoratori .. pure tra gli esodati ci sono quelli di serie a e quelli di serie b ,la politica segue i voti elettorali, invece di sanare le ingiustizie sociali che ha creato la legge fornero e successivamente il parlamento coi suoi decreti .., legiferando una totale revisione , persiste sulla strada delle pezze , che senso ha dire che tra i programmi del governo c’è la riproposizione della nona salvaguardia quando bastava farla nel momento opportuno cerano i fondi le motivazioni .. ma si è pensato di sanarla con l’ape sociale .. una emerita pezza che in pochissimi useranno .. intanto il tempo passa e ciascuno si deve arrangiare .. mentre tutti promettono il disoccupato esodato deve pensare cosa fara domani, di cosa dovrà vivere se pagare i contributi volontari più di mille euro al mese o mangiare se riuscirà mai a trovare lavoro perché la sua pensione non sa quando arrivera..

    1. Luigi Metassi

      Devo essere sincero, non rispondo volentieri a questo commento. Non perché non comprenda o non condivida la necessità di una profonda revisione dell’attuale sistema ma per la quantità di luoghi comuni ai quali, a questo punto, sono costretto a controbattere.
      In primo luogo, la Legge del governo Monti, votata quasi all’unanimità da Camera e Senato e impropriamente addebitata alla sola Prof. Fornero, non è stata approvata per fare cassa o per il bene dei giovani ma per accelerare il passaggio dal sistema cosiddetto “retributivo” a quello “contributivo” secondo i dettami di Bruxelles. A distanza di tempo e in più occasioni, questo è stato ammesso perfino da diversi esponenti politici. Gli esodati stessi non sono un semplice prodotto collaterale di una riforma mal scritta, come si è soliti sostenere, ma sono esattamente quello che dalla legge si voleva ottenere: l’esempio vivente che, a partire da quel momento, la pensione non sarebbe più stata una certezza per nessuno.
      In quanto ai vitalizi parlamentari, devo sottolineare che sono aboliti per legge dal 2012. Certo restano quelli in essere ma attenzione: è il principio che vale. Se diventa lecito agire retroattivamente sui vitalizi dei parlamentari, non passerà molto tempo che, millantando equità, diverrà lecito agire retroattivamente anche sulle pensioni di qualsiasi importo e di qualsiasi natura, comprese quelle da 1.000 euro e quelle di reversibilità. È forse a questo che una sorta di cieco rancore, che pare prescindere da qualsiasi ragione, ci sta spingendo? Siamo ridotti ormai all’autolesionismo al punto da non comprendere che questa sete di giustizialismo si ritorcerà contro noi stessi? Siamo consapevoli di quanta poca cosa ricaveremmo dal taglio dei vitalizi (che ora sono pensioni contributive a tutti gli effetti) in cambio delle enormi e gravi conseguenze che seguirebbero a questa sciocchezza? Già nella attuale legislatura sono state presentate ben tre proposte di modifica costituzionale per preparare la strada al ricalcolo delle pensioni in essere e noi vorremmo offrire loro l’opportunità per riprovarci?
      A parte questo, questo puntare il dito contro categorie di lavoratori (non politici ma semplici lavoratori) per il fatto che godono o hanno goduto di un sistema previdenziale più favorevole, non la condivido moralmente. Se ci sono stati dei favoritismi (e ci sono stati) li si corregga, ma un militare o un dipendente pubblico, a differenza di tanti altri che magari dichiarano redditi infimi all’Agenzia delle Entrate, non hanno rubato nulla. Hanno compiuto le loro scelte lavorative al momento opportuno, in conformità alle leggi vigenti, ne più ne meno di chi invece ha scelto di andare a lavorare in fabbrica. La possibilità di entrare a far parte dei “presunti privilegiati di stato” c’era per tutti, in particolare per chi ha prestato servizio militare. Abbiamo ritenuto di non cogliere l’opportunità? Abbiamo fatto la nostra libera e legittima scelta ma altrettanto libera e legittima fu la scelta di chi optò diversamente. Non criminalizziamo chi fece fatto la scelta opposta. Altri sono i criminali contro i quali dovremmo indignarci e invece sovente addirittura li osanniamo.
      Infine, temo si stia facendo confusione quando si scrive di “disoccupati esodati”. È perfino ovvio che un esodato sia disoccupato ma non è altrettanto assodato che un disoccupato sia anche un esodato. Purtroppo, anche in questo, si fa una grande confusione e, per alcuni, è diventato sufficiente non avere un lavoro per dirsi esodato. Non è così. Intanto perchè gli esodati attuali non sono più di 6.000 mentre i disoccupati si contano a milioni, ma in questa assurda generalizzazione c’è tanta disinformazione e, in alcuni casi, anche tanta strumentalità. Esodato è chi, al momento della riforma, era in accompagnamento alla pensione (o a tale condizione riconducibile) nelle more della legge 223/1991. In altre parole, per esodato si intende chi, al momento della riforma, aveva già sottoscritto un patto con lo stato, con l’INPS o con l’azienda, per lasciare il lavoro nella certezza che, se avesse raggiunto i requisiti pensionistici entro i termini di legge, avrebbe potuto andare in pensione. Era giusto? Non lo era? Era la legge e a tutti, a quanto pare, a quel tempo stava bene. Nella maggior parte dei casi, i lavoratori non avevano possibilità di scegliere e lo sappiamo bene, perché la legge sugli esuberi non era fatta per regalare la mobilità ai lavoratori ma per consentire alle grandi aziende di ridurre gli organici a costi contenuti. Chi ha perso il lavoro dopo la riforma è un disoccupato e non è un esodato. Altrettanto, chi lo ha perso prima senza possedere i necessari requisiti per poter contare sulla pensione, era un disoccupato prima e tale rimane ora, ma non è un esodato. Costoro non sono stati defraudati di un diritto; semmai sono cittadini in gravi difficoltà col lavoro e necessitano pertanto di una adeguata assistenza e di un efficace progetto di reinserimento al lavoro.
      Per tutte queste ragioni, la nona salvaguardia non rappresenta la panacea di tutti i mali di questo Paese ma è comunque necessaria: per una ragione di equità nei confronti degli altri esodati salvaguardati e per riaffermare un principio cardine del sistema pensionistico, ribadito anche in sede costituzionale, secondo il quale non si può e non si deve agire retroattivamente sulle pensioni in quanto sono “salario differito” accantonato dal lavoratore e non un mero investimento finanziario, come vorrebbero invece farci credere.