il popolo in marcia - dipinto

Rispetto e moderatezza, requisiti indispensabili ad ogni rivendicazione

il quarto stato

Mi è appena giunta questa lettera aperta agli esodati da parte del caro amico Riccardo Iannello, giornalista ora in pensione. Una lettera pacata, seppure implacabile nel ricordare, da posizione imparziale,  le sofferenze e le ingiustizie inflitte agli esodati anche successivamente ai fatti da cui tutto trasse origine e dei quali tutti sappiamo. Una lettera che, nel sicuro convincimento di interpretare il suo pensiero, vorrei che tutti leggessero e facessero loro al fine di ottenere ora giustizia per questi ultimi 6.000 esodati.

 

Cari amici, ex amici, contendenti,

non sono un ex esodato, ma solo un pensionato che si è guadagnato la sua quiescenza con un duro lavoro, ma anche molto duro è stato vivere questi sei anni accanto a una persona lei sì esodata e della peggiore specie, nonostante qualcuno dica di no: licenziata senza tutele a fine novembre 2011, senza mobilità per accompagnarla alla pensione, con la tutela di un anno della disoccupazione – che come sapete bene scema con il passare dei mesi diventando miseria – e quindi più nulla fino alla sesta salvaguardia nella quale è rientrata. Nella stessa sesta salvaguardia “degli esodati” è andato in pensione un mio amico d’infanzia che una mattina è andato al lavoro in banca e ha comunicato ai colleghi che dal giorno dopo era in pensione, “salvaguardato” con il fondo esodati, ma in realtà in possesso di un permesso temporale per la legge 104. Seimila di loro, è la realtà, soprattutto di pubblica amministrazione e banche, sono scivolati nella salvaguardia utilizzando il fondo esodati anche essendo ancora occupati. Guarda caso i seimila, vittime del ministro Fornero, che mancano all’appello: che cosa dicono ora quelli che hanno cavalcato altre istanze, magari meno critiche, approfittando degli esodati?
Io ritengo che se gli esodati avessero davvero fatto blocco fra di loro, se dietro i comitati non ci fossero state pugnalate come neppure Bruto a Cesare, a quest’ora tutti, e dico tutti, sarebbero salvi qualsiasi numero essi fossero. E invece c’è chi non ha più nulla perché non appartiene ai mobilitati e non ha avuto i 36 mesi di tempo, ma 24 (e per la intraprendenza di chi so io, sennò erano 12): con i 36, se tutti li avessero voluti, sarebbero tutti a posto. E forse non ci sarebbe più bisogno di pontificare e di perdere altro tempo. Sono certo di chi è democratico o non, ma purtroppo le vicende degli esodati visti da un osservatorio privilegiato come il mio, sia personale sia professionale essendo giornalista, hanno dimostrato che se davvero si fosse lottato tutti per uno uno per tutti a quest’ora non ci sarebbero state vittime sul terreno, e invece si è voluto appoggiare la politica, i sindacati, i partiti, che si sono divertiti sulla pelle della gente perbene divisa da chi, da una parte e dall’altra, ha voluto essere il migliore, ma non è stato. Uno mi ha insultato violentemente, uno dà dell’antidemocratica a chi lavora incessantemente sul web dimenticando di essere stato sul palco di Casapound, movimento al momento antidemocratico perché fuori dal Parlamento. Se poi ci entrerà se ne discuterà.

Io non faccio tifo se non per la giustizia e per la coerenza. E dico che mai come ora c’è bisogno per la salvaguardia di tutti di remare in una sola direzione uscendo allo scoperto fra chi vuole fare una qualsivoglia carriera, partitica o sindacale, e chi invece si accontenta di aiutare la gente senza bisogno di urlare.

Il mio è quindi un umile appello a tutti, agli amici, a chi non lo è più per motivi suoi mai compresi (oppure sì, ma fa lo stesso), a chi fa della lotta fratricida la sua passione, fidandosi del fatto che alcuni politici stanno volentieri dietro a chi urla più forte promettendo voti a destra e manca (ma ricordiamo si può esprimere una sola preferenza…) e non a chi parla sottovoce. Ripeto: non voglio fare classifiche o commenti, voglio solo che finalmente dopo sei anni buttati via la famosa unità degli esodati sia almeno rispettata per quei seimila che non hanno nulla e che perdono nella battaglia fra poveri, che non si evita facendo emendamenti minimi, ma lottando tutti uniti per i seimila. Senza infingimenti e davvero per il bene comune. Abbiamo dalla nostra un film, “L’esodo”, cerchiamo di metterlo a frutto. Magari qualcuno facendo un passo indietro, ma soprattutto i silenti facendo due o tre passi avanti.
Grazie dell’attenzione

Riccardo Jannello

 

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