il popolo in marcia - dipinto

Qualche considerazione sul presidio dei pensionati del 6 luglio 2017

 

il popolo in marcia - dipinto

 

La diffusa tendenza a disertare le manifestazioni era un fatto ormai noto da tempo, direi perfino acclarato se soltanto si fosse andati con la mente ai tanti presidi degli esodati – circa una ventina – nel corso dei quali le scarne presenze si erano già dimostrate eloquenti. Con queste premesse, organizzare un presidio dei pensionati, sebbene potenzialmente riguardasse almeno una decina di milioni di cittadini, avrebbe dovuto imporre una maggior ponderatezza. Se sessanta, cento o duecento convenuti ad un presidio degli esodati servono solo a portare acqua al mulino dei progetti del politico di turno che li sprona a manifestare e, per altri, a soddisfare il proprio ego esibendosi su Facebook a braccetto del politico di turno, un numero pressoché identico di partecipanti, in rappresentanza del 20% dell’ intera popolazione, altro non è che una pericolosa manifestazione di debolezza che sicuramente non sarà sfuggita agli osservatori della controparte se è vero che – e i laconici resoconti della giornata ne rappresentano una chiara testimonianza – in sede d’incontri non si è andati oltre a dei semplici scambi di opinioni personali.

Sia chiaro che non sono minimamente in discussione i singoli bensì la strategia.

Immaginare di riuscire a portare in piazza numeri significativi di dimostranti, a prescindere dalla fondatezza e dall’impatto delle motivazioni, è rischioso e significa non tener conto che, dai tempi dell’autunno caldo, è trascorso quasi mezzo secolo. Significa essere rimasti ancorati ad un mondo che non esiste più, come non esistono più la classe operaia e il ceto medio così come li sottintendono le definizioni. Il ceto medio è stato cancellato dall’azione simultanea dell’impoverimento dei salari, dell’inflazione reale e del prelievo fiscale. Per altro verso, la classe operaia, soggiogata dalla rumenizzazione del lavoro con la conseguente perdita, pressoché totale, dei diritti faticosamente conquistati dai padri, si vede frammentata, non di rado divisa da una varietà di esigenze sovente anche contrastanti; si pensi, per esempio, a quali interessi o necessità possano oggi accomunare un monoreddito disoccupato con chi può contare su due o più salari, consolidati e pressoché garantiti. In quanto alle pensioni, si pensi alle esigenze di chi sopravvive di reversibilità e chi invece, potendo contare su due o più pensioni, si può ancora permettere una vacanza in crociera.

L’era dell’immediatezza, iniziata con l’arrivo del terzo millennio, ha espresso un verdetto chiaro e inequivocabile, che può anche non piacere ai più pragmatici, ma che non può e non deve essere sottovalutato: il personale ha prevalso sul politico, per dirla nei termini che un’era fa inflazionavano i nostri discorsi. Occorre cogliere il senso delle svolte epocali e per questo diventa prioritaria l’informazione o, per meglio contestualizzare, la controinformazione. Un tempo gli slogan si diffondevano con i tatzebao e con i megafoni ai passanti frettolosi e ai cittadini affacciati ai balconi; questa è storia, è la storia di tutti noi che abbiamo vissuto il ’68 e che, con gli opportuni correttivi che l’esperienza ci suggerisce, magari vorremmo riproporre. Oggi l’informazione e gli slogan si diffondono a milioni di persone attraverso i media, perché ora questi strumenti esistono, sono accessibili ed efficaci. Oggi, fa più informazione e contrasto un contraddittorio ben sostenuto durante un programma accreditato di buoni share che non una manifestazione ben partecipata ma oscurata dai media.

Questo non significa buttare al macero le esperienze passate o che ciò che si è costruito non serva più. Tutt’altro; le esperienze di lotta, i periodici che da esse sono nati, hanno un forte carattere identitario, quindi carismatico, che va conservato e sapientemente proposto ma, nello stesso momento, occorre far si che, nei valori trasmessi, le persone si possano riconoscere. Occorre quindi svincolarsi dalle logiche corporativiste di partito o di sindacato che, in troppe circostanze si rivelano di ostacolo all’iniziativa, quando non addirittura un vero e proprio impedimento. Occorre poter parlare, in tempi stretti, al maggior numero di persone possibile, liberi da posizioni di preconcetto e per ottenere questo dobbiamo avvalerci dei più attuali mezzi di comunicazione, dai siti internet, ai media radiotelevisivi.  Lo smarrimento che sicuramente qualcuno può provare di fronte a tanto cambiamento è totalmente comprensibile ma queste sono le regole di gioco dettate dal divenire dei tempi; non le possiamo modificare e, se le nostre istanze davvero meritano di essere portate avanti, non possiamo fare altro che prenderne atto adeguandoci, perché la controparte si è già adeguata da tempo e ci sta sbaragliando.

 

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