Vorrei iniziare dal caso reale di un ex lavoratore che, esperite tutte le vie canoniche per ottenere supporto nell’individuare una via d’uscita dal suo Limbo previdenziale, ormai senza più speranze di potersi ricostruire un’identità e una dignità sociale, si è infine rivolto Comitato “Licenziati o Cessati Senza Tutele”. Per etica si omettono ovviamente i riferimenti personali, i quali nulla potrebbero comunque aggiungere di utile al discorso in atto.
Licenziato unilateralmente nel 2006 per ristrutturazione aziendale con 31 anni e 6 mesi di contributi da lavoro dipendente. Trova lavoro tra il 2009 e il 2013, che gli frutta altri 4 anni e 3 mesi di contributi nella gestione separata, prima di venire nuovamente licenziato per chiusura dell’azienda. In sintesi, raggiungerebbe quota 97,6 a febbraio 2018 se, in quanto esodato, la legge consentisse anche a lui di cumulare i contributi.
In realtà, nel caso specifico, i problemi sono attualmente molteplici:
- – la data di decorrenza si posiziona oltre la scadenza dei termini di legge stabiliti dalla ottava salvaguardia;
- – il cumulo gratuito non è applicabile nella generalità delle situazioni di esodo ante 2012 che rientrano nelle casistiche previste dalle salvaguardie;
- – il cumulo non è applicabile ai casi di pensionamento per anzianità.
In relazione al primo punto, occorre rilevare come già esista un preciso impegno politico del Comitato “Licenziati o Cessati Senza Tutele” che ritiene la PDL 3893 del 2016, a firma Damiano Gnecchi, coerente al proprio indirizzo programmatico dal momento che anche tale proposta mira sostanzialmente alla effettiva e totale applicazione di un congruo transitorio a tutte le categorie esodate.
Più complessa è la problematica che emerge dai punti successivi.
Appare evidente come una via legale, al momento, offra poche speranze di riuscita. La legge sul cumulo dei contributi prende in considerazione esclusivamente le pensioni di invalidità o di vecchiaia, mentre gli esodati chiedono l’applicazione delle leggi antecedenti la contro-riforma del 2011 le quali, come noto, prevedono anche le pensioni di anzianità che, nel vecchio regime pensionistico costituiva la formula alla quale accedeva la maggior parte dei lavoratori a fine carriera quindi anche la maggior parte degli attuali esodati
A diverse conclusioni si potrebbe pervenire in presenza di un confronto politico volto al riconoscimento di un transitorio sul modello della tradizione legislativa europea che, tradotto in numeri, significa un transitorio di sette anni a partire dall’entrata in vigore della legge Fornero. In altre parole: salvaguardia estesa almeno a tutti gli esodati che raggiungano i requisiti entro il 31-12-2018. La precisa delimitazione di un transitorio e della platea che lo compone comporterebbe, come conseguenza immediata, la precisa connotazione dello status di esodato, oggi rimessa alla libera e soggettiva interpretazione del legislatore. Una volta definito e dimensionato l’oggetto sul quale legiferare e sentenziare, anche dal punto di vista legale sarà ipotizzabile la promozione di un’azione volta ad estendere il beneficio del cumulo anche a questa categoria. La richiesta di definire un regime transitorio, per altro verso già di fatto ampiamente realizzato, troverebbe supporto non solo nella tradizione legislativa europea e italiana ma lo troverebbe soprattutto nelle diverse sentenze costituzionali che, tra le diverse cose, affermano la non retroattività degli effetti legislativi penalizzanti sulle pensioni, l’intangibilità delle prospettive economiche del lavoratore al termine carriera e la funzione di salario differito dell’istituto delle pensioni di anzianità e di vecchiaia.
Difficile ipotizzare ampie disponibilità da parte del governo su questi temi ma avviare un confronto in tal senso significa anche scoperchiare un vaso di Pandora su una incredibile sequenza di fatti opinabili dal punto di vista costituzionale, a cominciare dal palese bisticcio tra le modifiche apportate all’art. 81 della Costituzione e gli stessi principi immodificabili della Costituzione. Significa quindi preparare, in caso di mancato accoglimento delle istanze, una solida base a favore di future azioni legali pilota, incentrate su una serie di diritti costituzionali disattesi nei confronti degli esodati, il cui destino ultimo sarebbe la remissione al giudizio della Corte Costituzionale.
Quantificando il fenomeno, i numeri sono contenuti al punto che sarebbe bastato il semplice buon senso per risolvere il problema alla radice, una volta e per sempre, se soltanto ce ne fosse stata la volontà politica; ma tant’è. Se si prendono a riferimento i report INPS, si tratterebbe di una platea di circa 5.000 – 6.000 persone; ordine di grandezza che il Comitato “Licenziati o Cessati Senza Tutele” ritiene attendibile e che altri comitati, nel corso di una occasionale video intervista, hanno sostanzialmente confermato sebbene le loro stime si attestassero intorno alle 6.000 – 8.000 unità. Ulteriore conferma della dimensione della platea coinvolta potrebbe pervenire infine indirettamente, tra non molto tempo, dalle domande di salvaguardia respinte di chi, pur rientrando nelle more della PDL 3893, non rientra in quelle della ottava salvaguardia.
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