
Un comunicato comparso sui gruppi Facebook in questi ultimi giorni, i cui passaggi essenziali sono stati ripresi da pensionipertutti.it a firma Stefano Rodino, inducono il comitato esodati “Licenziati o cessati senza tutele” a chiarire la propria posizione, a cominciare da quella paventata decisione (di chi?) di ricondurre ad un coordinamento unitario, deciso unilateralmente, l’azione eterogenea di esodati, donne, precoci, quindicenni, licenziati, pensionati, giovani, lavoratori e quanti altri, con l’obiettivo di presentarsi alle istituzioni in veste proponente di un ampio programma di riforme strutturali in campo previdenziale e non soltanto.
Il nostro comitato, per altro mai interpellato in tal senso, non ha mai aderito a tale iniziativa né l’ha mai proposta. Tanto meno lo ritiene possibile in futuro per ragioni sia di metodo che di sostanza.
Nel metodo, non si ritiene accettabile un programma confezionato senza una preventiva disamina e sulla base di una semplice ipotesi di possibile convergenza di obiettivi tra gruppi, allo stato delle cose, sconosciuti e presumibilmente assai eeterogenei in quanto a obiettivi e metodi. In secondo luogo, non si ritiene condivisibile che pubblicamente si parli di coinvolgere sindacati, partiti e opinione pubblica, brandendo l’arma del voto come una spada di Damocle.
Nella sostanza, si ritiene che lo scopo primario di questo comitato sia ancora e sempre la salvaguardia di tutti i 6.000 esodati esclusi dalla ottava salvaguardia. Non si eccepisce, se non nei metodi, la necessità di una piena restaurazione dei troppi diritti soppressi durante questi ultimi anni ma, mescolare le istanze di una ben precisa categoria di cittadini con un progetto politico di ampio respiro sullo stato sociale del Paese, sarebbe un errore concettuale imperdonabile. Imperdonabile nei confronti degli esodati, perché le soluzioni, quand’anche si materializzassero, si concretizzerebbero in tempi troppo lunghi per essi che, già oggi, sono con l’acqua alla gola. Errato concettualmente perché perseguire la tenuta dello stato sociale o la sua ricostruzione, se così vogliamo dire, è compito precipuo delle parti sociali che devono (loro e non noi) confrontarsi con la politica. A noi semmai compete di agire sulle parti sociali affinché tornino a svolgere efficacemente la parte per la quale sono state istituite.
Infine, restando nel merito della sostanza, questo comitato dissente totalmente dall’ipotesi di introdurre il ricalcolo dei trattamenti, quale ne sia il loro importo. Sappiamo troppo bene che questo costituirebbe un pericoloso precedente che si riverserebbe ben presto sulla massa dei pensionati a reddito medio basso e che tale provvedimento (Brambilla insegna e Damiano ribadisce), per produrre gli effetti propagandati, come minimo, dovrebbe includere anche i redditi di poco superiori ai 2.000 euro lordi.
Commenti
4 risposte a “Comunicato del Comitato esodati “Licenziati o cessati senza tutele””
Luciano,ti consiglio entrare, e se voui insciverti in questa pagina, http://www.apesocial.it/forum/
qua troverai persone come te come me, che no tengono la posibilita di tornare a scuola, di APE SOCIALE, come probabilmente a fatto il segnor Luigi, che per lui sembra tutto facile
saluti Milo (esodato, senza risposta dal INPS)
Gentilissimo Milo,
non è mia abitudine trattare dall’alto in basso le persone; tanto meno trattarle con ingiustificato sarcasmo. Il Sig. Luciano mi ha posto una domanda in merito alla sua domanda di salvaguardia respinta ed io gli ho risposto in piena coscienza. Non sono avvezzo a distribuire certezze, soprattutto quando la persona interessata, non certo per sua negligenza, non mi fornisce le necessarie informazioni. Tra le altre cose, ritengo un mio preciso dovere far presente alle persone che mi interpellano che non stanno parlando con un professionista, bensì con un semplice ex lavoratore ed ex esodato che, dal 2011 ad oggi, insieme a molti altri come lui, s’impegna a titolo esclusivamente di volontariato ad aiutare altri ex lavoratori più sfortunati. Se mi è permesso, conosco abbastanza approfonditamente le leggi che riguardano le salvaguardie e tutto il corollario inerente i requisiti. Il Sig. Luciano mi ha detto di essere un esodato e, in questo senso e in coscienza, gli ho risposto che i requisiti da lui indicati non sono sufficienti ad inquadrare la situazione. Dal momento che dal suo scritto ho ritenuto di avere di fronte una persona poco informata in materia, in coscienza gli ho suggerito prudentemente di appoggiarsi ad un patronato: perché possa venire a capo della doppia reiezione delle domande di salvaguardia e perché, qualora ne ricorressero gli estremi e non fossero ancora prescritti i termini, il patronato gli inoltri il ricorso. Sinceramente, non mi è chiaro il motivo del suo sarcasmo ma riuscirò certamente a farmene una ragione, così come riuscirò a farmi una ragione del motivo per il quale, prima ancora di capire se il Sig. Luciano, che si definisce un esodato e che ritiene di aver diritto alla salvaguardia, lo si esorta ad accedere all’APE Sociale. Per caso, ha una vaga idea se il Sig. Luciano è in possesso dei requisiti per accedere all’APE Social, se rientra nelle categorie ammesse, quali probabilità avrebbe la sua domanda di rientrare nella ristretta cerchia di quelle che l’esiguo fondo economico è in grado di soddisfare? Infine, ha una qualche idea della decurtazione economica che ne subirebbe la liquidazione della sua pensione? Non me ne voglia perché il campo di gioco lo ha scelto lei ma, sarcasmo per sarcasmo, devo proprio dire che un bel tacere non è mai stato scritto.
Vorrei sapere da qualche esperto in materia di pensioni, come funzionano le salvagurdie. Sono un esodato del 2010 ed ho fatto la prima salvaguardia e l’ottava. Entrambe respinte da INPS senza spiegazione ma solo con la dicitura ”No Diritto” !. Ho 1852 settimane di contribuzione e 64 anni di età. La domanda è, a cosa serve la salvagurdia se poi INPS respinge senza spiegazioni?
Gentile Luciano,
premesso che noi non siamo professionisti esperti della materia ma solo degli ex lavoratori che, per fronteggiare l’emergenza, si sono documentati in materia, nel suo commento non fornisce elementi utili a capire la sua situazione previdenziale alla luce della normativa sulle salvaguardie. Ritengo però che, da quando le fu respinta la domanda per la prima salvaguardia, avrebbe avuto il tempo per chiedere supporto e delucidazioni da un patronato nel merito di tale rifiuto. Ha sentito il patronato? Cosa hanno concluso?
Per dare risposte che possano indirizzare a comprendere le ragioni del rifiuto occorrerebbe innanzitutto conoscere le modalità di uscita dal lavoro. Fu in conseguenza di un accordo governativo, di un accordo aziendale, oppure fu un licenziamento unilaterale, oppure ancora, un licenziamento a seguito fallimento? Perché, sempre che il suo caso rientri tra quelli considerati dalla legge, a seconda delle modalità di esodo cambiano i termini entro i quali deve configurarsi il conseguimento dei requisiti. Con 35 anni e 6 mesi di contributi e 64 anni di età ad oggi, suppongo che non sia rientrato nella prima salvaguardia per carenza del requisito anagrafico ma i requisiti mi sembrano sufficienti per accedere ora alla ottava. Questo ovviamente se rientra in una delle categorie di lavoratori previste dalla legge. In ogni caso, a fronte di quest’ultimo rifiuto, ha 90 giorni di tempo per presentare ricorso, a partire dal giorno in cui ha ricevuto la comunicazione di reiezione della domanda. Se è ancora nei termini di legge, suggerirei di attivare un patronato per presentare ricorso. In alternativa, documenti alla mano, si faccia spiegare bene dal patronato i motivi di quest’ultima reiezione.