Per contrastare la controriforma previdenziale serve ora un linguaggio comune

manifestazione esodatiCome era ampiamente nelle previsioni, non sono trascorse 24 ore dall’esito delle votazioni regionali che la campagna mediatica sulla presunta necessità di controriformare il sistema pensionistico riprende con rinnovato vigore e non è certo un caso che la trasmissione Ballarò sia subito uscita con una intera puntata dedicata alle pensioni. L’aspetto più preoccupante è però la mancanza di approfondimento delle tematiche, l’eccessivo spazio concesso a chi sostiene la linea dell’austerità e dei conti in rosso, in confronto ai pochissimi minuti concessi a chi, in questo triste gioco al massacro, veste i panni della vittima sacrificale: gli esodati, i pensionati e, in prospettiva, i lavoratori più giovani.

Da più parti si chiede, per esempio, la separazione tra assistenza e previdenza, cosa che consentirebbe immediatamente il riallineamento della spesa pensionistica ai trend europei. Qualcuno, a parte Landini, ne ha accennato? Neanche per sogno e se qualcuno tenta ostinatamente di far emergere la questione, si cambia immediatamente argomento. Eppure basterebbe questa quasi banale osservazione per smontare sul nascere una delle principali motivazioni che si avanzano per supportare la teoria che vorrebbe tutti quanti al contributivo. Il sistema previdenziale è in equilibrio e questo emerge chiaramente dai passati bilanci dell’INPS; se scorporiamo l’Idra dell’assistenza per restituirla al suo ambito naturale, la fiscalità, che motivo ci sarebbe per fare cassa sulle pensioni? Ma parlare pubblicamente di questa ovvietà, Landini a parte, sembrerebbe quasi scandaloso, tanto ci si affretta a cambiar discorso.

Lo stesso Landini però, per altro verso, va in debito di chiarezza quando finisce col generalizzare sui fondi speciali. La storia dei fondi speciali ha seguito molte strade ed è sbagliato paragonare la storia del fondo dirigenti con quelli, per esempio, dei lavoratori telefonici, ferrovieri o elettrici. Quello dei fondi speciali confluiti nell’AGO è argomento complesso, diverso da azienda ad azienda, per dirimere il quale non è sufficiente rifarsi a quel demonizzato 0,5% di maggiore rendita, senza guardare alle percentuali di contribuzione e, soprattutto, alle centinaia e migliaia di miliardi (di lire) versati a sanatoria delle contribuzioni pregresse dalle aziende all’Istituto previdenziale nel momento in cui i loro dipendenti confluivano nell’AGO e alle reali cause degli attuali deficit.

Soprattutto si dovrebbe chiarire cosa si intende quando si parla di riforme perché, se c’è un punto sul quale ci si trova tutti d’accordo, è che la controriforma Fornero sia ingiusta, probabilmente incostituzionale e foriera di gravi dissesti sociali per il Paese. Assodato quindi che la legge va cambiata, il problema è intendersi sul come cambiarla perché, se in capo alle necessità si continuano a mettere i diktat di Bruxelles, forse i pensionati, come anche i lavoratori, potrebbero avere in mente soluzioni assai diverse.

In un frangente in cui l’attacco al sistema sociale è tanto violento quanto palese, serve soprattutto chiarezza di intenti, serve non confondere le ex dirigenti che, indifferenti alle penalizzazioni introdotte dal sistema contributivo che deriva dalla certezza di conseguire comunque una pensione sufficiente a consentir loro un tenore di vita adeguato, nell’opzione donna vedono l’opportunità per lasciare anticipatamente e gaiamente un lavoro ben remunerato e mai perduto, con l’esodato investito dalla controriforma quando già aveva perduto il lavoro e che ora, consumati gli ultimi risparmi, si trova costretto a dormire in roulotte e mangiare alla Caritas.

Bisogna soprattutto essere chiari nel condannare l’ipocrisia che vorrebbe giustificare l’attuale tentativo di spogliare i pensionati con il bisogno di dare solidarietà ai più giovani. Sulla nostra diversa visione della questione, difficilmente si potrà mai incontrare l’interesse dei media, tutti proni al volere del potere politico e finanziario; più probabile è che si possa incontrare quello di quelle forze, non necessariamente politiche, che stanno guardando con crescente interesse all’esempio di Syriza e, soprattutto, di Podemos.

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