Contributori volontari ante 2007, esodati dei quali poco si parla

indianoCi sono categorie di esodati dei quali poco si parla, soprattutto quando queste raccolgono ormai solo più uno sparuto contingente di un esercito ben più numeroso ai tempi della contro riforma pensionistica del 2011. Una di queste sono appunto i cosiddetti “contributori ante 2007” e non a caso, parlando dei residui esodati appartenenti a questa categoria, mi è venuto spontaneo iconizzarne l’immagine nella figura degli indiani d’America: popolo decimato, imprigionato e infine estinto dall’indigenza e dalla più totale indifferenza del resto della nazione. Certo il paragone è forte ma che dire di questi esodati, autorizzati alla contribuzione prima del 2007 con la promessa, avendone i requisiti, della pensione a seguito di un ben definito (e cospicuo in termini di costi) periodo di contribuzione volontaria, beffati prima dalla contro riforma Fornero del 2011, che ha causato la unilaterale disattesa di un patto siglato con questi ex lavoratori, quindi dalle assurde discriminazioni contenute nelle ben sei salvaguardie fino ad oggi emanate, che concedono la salvaguardia a chi abbia versato anche un solo contributo mentre la negano a chi abbia versato contributi per un intero anno e, in alcuni casi, anche per quattro? Mi pare doveroso partire dalle considerazioni di uno di questi “ante 2007”, che riporto di seguito, per attualizzare alcune considerazioni di merito sulle soluzioni attualmente oggetto di studio in Parlamento.

ESODATI CHI??

Quando si parla di esodati il pensiero corre ad una manovra spacciata per riforma delle pensioni.
Evoca nomi (Fornero – Monti), evoca una crisi prodotta dalla finanza e aggravata dall’austerità.
Evoca la creazione di quello stato emergenziale dove tecnici, travestiti da politici, possono permettersi soluzioni anche incostituzionali. Evoca scelte oggi spacciate per “errori”, evoca silenzi, compiacenze, evoca votazioni e quindi complicità. Evoca parole come risparmi: con la manovra Fornero si sono prodotti risparmi per 80 milardi sino al 2022 e più di 400 miliardi al 2040 (dati del ministero del lavovoro/INPS ), risparmi che vanno a riduzione del debito pubblico.

Se il debito si chiama pubblico è perché è di tutti ma si fa pagare in gran parte ad alcuni.
Risparmi per gli uni implica costi per altri.

Costi: altro termine evocato, ma chi li ha sostenuti questi costi? Sono stati distribuiti con equità e progressività?

Facile la prima risposta: dagli ESODATI e dai pensionandi.
La seconda ancor di più facile: NO!

Costi non solo economici quelli sopportati dagli esodati, basta leggere libri e studi condotti riguardo le implicazioni
sulla salute fisica e psicologica dei soggetti coinvolti.

Subito dopo la manovra si sono tentate soluzioni politiche, le cosidette salvaguardie, per correggere l’errore di non aver inserito nella legge Fornero un “transitorio”. Oggi in Commissione Lavoro prosegue la discussione della VII salvaguardia che, dalle ultime dichiarazioni fatte in sedi istituzionali dai ministri di questo governo, potrebbe essere essere definitiva. I diretti interessati, che da anni seguono la vicenda, sperano ma si tratta di una speranza disillusa dalla storia delle pdl 5103 e 224 unificata.

In questi quattro anni di calvario, molte discussioni riguardo chi e quali categorie fossero meritevoli delle salvaguardie sono state sostenute fra gli eletti rappresentanti del popolo, i rappresentanti sindacali e, non ultimi, i comitati nati a difesa dei diritti degli esodati.

Conosciamo tutti la macro categoria dei mobilitati, quella dei contributori volontari, quella dei licenziati con e senza accordi, ma basta leggere i testi delle leggi che regolano ad oggi le salvaguardie per scoprire come categorie, che poco hanno a che fare con gli esodati, siano state salvaguardate o rientrino nell’ultima pdl unificata, ora in discussione in Commissione Lavoro alla Camera.

Esiste però una categoria, che oggi rientra tra i contributori volontari generici e che merita un approfondimento.

Parliamo di quei soggetti di cui all’articolo 1, comma 8,
della legge 23 agosto 2004, n. 243 e successive modificazioni,
i cosidetti CV ANTE 2007.

Numerose interrogazioni parlamentari, ordini del giorno, pareri delle commissioni speciali ed azioni dei singoli parlamentari aventi come oggetto i CV ANTE 2007, hanno cercato di dare soluzione per via amministrativa ad un’interpretazione restrittiva di INPS riguardo l’applicazione di una legge dello stato mai abrogata,

la Legge n. 243 del 2004 e successive.

Per queste persone la deroga alla legge Fornero era contemplata nelle pdl 5103 prima e 224 unificata poi, sempre sostenute da tutto l’arco parlamentare. La deroga è stata espunta dalla pdl 224 unificata a causa di una contestabile relazione di INPS/RGS riguardo le coperture necessarie quantificate in 2,9 miliardi fino al 2022.

Logica vuole che in questa cornice si cerchi ora di perimetrare e la via potrebbe essere quella di perimetrare un contingente comprendendovi quelle persone che, per LOGICA E REQUISITI giurisprudenzialmente affermati, sancito un patto/contratto con INPS/STATO all’atto del ricevimento dell’autorizzazione ai versamenti volontari, ne abbiano confermato l’accettazione col pagamento di cospicui contributi previdenziali.

Pareri di avvocati, interpellati nel merito, suggeriscono di utilizzare quei criteri che regolano il concetto di “LEGITTIMA ASPETTATIVA” che, nello specifico, sarebbe determinata da:

  1. essere autorizzati alla contribuzione volontaria prima del 20/07/2007;
  2. aver versato cospicui contributi;
  3. non aver rilavorato a tempo indeterminato dopo la riforma Fornero;
  4. maturare il diritto entro il 2018, cioè entro il transitorio;

Le persone che rientrano nell’affermato concetto giuridico della “legittima aspettativa”, prima del 31/12/2011, hanno versato da uno a quattro anni di contributi recandosi in posta o banca e utilizzando i risparmi di una vita per onorare quel contratto stipulato con INPS/STATO.

Quel contratto/patto che ora uno dei due contraenti (STATO/INPS) sta disconoscendo nei fatti.

La specificità del caso e la certezza che riguardi ormai un numero esiguo di soggetti, impone una riflessione ed un approfondimento riguardo ad EQUITA’ E DIRITTO che porti ad una giusta e legittima soluzione.


 

Siamo davvero di fronte a un paradosso. Mentre in Commissione Lavoro si parla eufemisticamente di “salvaguardare” col fondo esodati categorie di lavoratori tutt’oggi in attività (ferrovieri, quota 96, opzione donna, e quant’altri) che pure avranno le loro ragioni ma non sono “esodati” e percepiscono un regolare reddito, non si pensa a rendere giustizia a questo sempre più sparuto gruppo di ex lavoratori, che hanno versato cospicue somme in contributi volontari (in molti casi si tratta di cifre superiori ai 100.000 euro) per una pensione che ora gli si sta negando.

E ai più tanti gli verrà negata se, come le notizie lasciano intendere, si dovesse approdare ad una salvaguardia limitata al solo 2016. Altrettanto verrà loro negata se, per interessi di bilancio o di chissà cos’altro, si si dovesse erodere il fondo esodati con l’inserimento in salvaguardia di categorie del tutto estranee agli esodati.

Diventa quindi estremamente urgente e necessario che su alcuni punti
la Commissione Lavoro faccia ora estrema chiarezza.

Sostenere che si intende salvaguardare 49.500 esodati, di per se non significa nulla, come non significa molto di più sostenere che si prevede di coprire fino al 2018 con successive salvaguardie. Quello che ora ci si attende dalla Commissione Lavoro è che proponga la salvaguardia di tutti i 49.500 esodati con decorrenza da qui a tutto il 2018, con questa e solo con questa salvaguardia. Dopo, lo ha affermato anche il Min. Padoan, di salvaguardie non ce ne saranno più.

Dimenticare qualche categoria di esodati o parcheggiarli in attesa di
improbabili ulteriori salvaguardie non avrebbe più alcun senso.

Per garantire questo, è indispensabile non creare commistione tra esodati veri e fasulli. Nella settima salvaguardia non devono entrarci lavoratori non esodati, tanto meno lavoratori tutt’ora in attività. Per costoro vanno individuate altre forme di intervento a carico della fiscalità.

I fondi necessari ci sono e lo ha affermato lo stesso Min. Padoan; salvo nuove sorprese da parte della RGS, ammontano a 3,3 miliardi entro il 2018 e 1,4 miliardi attualmente sono già utilizzabili. Resta, come affermato dal Ministro, da emettere uno strumento legislativo che consenta di impegnare oggi le somme previste da qui al 2018.

Se davvero c’è la volontà, questo lo si può fare ancora ora, prima della Legge di stabilità.
Questo sarebbe un parlar chiaro agli esodati che, fino ad ora,
non può purtroppo essere attribuito ancora a nessuno.

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