Con queste note analizziamo, con specifico riferimento ai lavoratori collocati in mobilità ex Lege 223/1991, le norme di salvaguardia introdotte dal Legislatore e in particolare l’identificazione e quantificazione dei soggetti in rapporto alla “congruità” delle risorse stanziate dalla Legge stessa. Ultimamente infatti – forse non sono estranee manovre politiche e interessi di parte – si sta affacciando una sorta di “visione restrittiva” della questione.
In base ad essa le risorse messe a disposizione non consentirebbero di salvaguardare tutti coloro che erano stati identificati puntualmente nel Decreto e quindi introdurrebbero una sorta di “lotteria” del diritto che avrebbe conseguenze devastanti per tutti coloro che rimanessero fuori dalla normativa di salvaguardia. Tutto ciò in attesa di un nuovo riassetto della vicenda che si può immaginare soggetta a condizionamenti politici e pasticci di ogni tipo.
Attraverso questo articolo, si intende invece sostenere la tesi in base alla quale tutti coloro che rientrano nella fattispecie del DM del Ministero del Lavoro e delle Finanze del 1 giugno 2012 (cd decreto dei 65.000) debbono considerarsi soggetti alla salvaguardia ex art 24 del DL 201/2011.
I lavoratori soggetti a salvaguardia sulla base delle disposizioni di cui al DL 201 del 2011, art. 24, c. 14 e 15
con riferimento ai lavoratori collocati in mobilità di cui alla Legge 223/1991
Come è noto la Riforma del sistema previdenziale introdotta nell’ordinamento con il D.L. 6 dicembre 2011 n° 201 convertito nella Legge 22 dicembre 2011 n° 214 ha disposto con l’art. 24, in particolare ai commi 14 e 15, una serie di norme volte a salvaguardare alcune categorie di lavoratori dagli effetti della Riforma stessa identificando specifiche e puntuali situazioni ritenute meritevoli di tutela.
La ragione di queste – com’è evidente – va ricercata nell’obbligo quasi morale del Legislatore di evitare con ogni attenzione di creare situazioni insostenibili per la vita di alcuni lavoratori già cessati dal lavoro sulla base di specifici accordi di fatto di accompagnamento alla pensione, che si verrebbero a trovare senza alcun reddito per un lungo periodo di tempo per effetto delle modifiche normative introdotte.
La definizione del limite numerico della platea nel D.M. del 1 giugno 2012 – cd. Decreto dei 65.000
Con queste note intendiamo qui analizzare, con specifico riferimento ai lavoratori collocati in mobilità ex Lege 223/1991, le norme di salvaguardia introdotte dal Legislatore e in particolare l’identificazione e quantificazione dei soggetti in rapporto alla “congruità” delle risorse stanziate dalla Legge stessa.
Fin dall’inizio infatti si poneva il problema della legittimità stessa e del criterio fattuale di applicazione del “limite delle risorse predeterminate”, testualmente così definite, di cui al comma 15 dell’art. 24 della L 201/2001. Questi limiti di Legge avevano posto fin da subito infatti l’inquietante interrogativo, nell’ipotesi della loro insufficiente quantificazione, di cosa sarebbe accaduto concretamente a tutti coloro che – pur soddisfacendo le condizioni previste dalla Legge – si fossero trovati in soprannumero rispetto alle risorse e conseguentemente non in grado di accedere alla salvaguardia predisposta rispetto ai nuovi requisiti.
Il problema era quello della congruità delle risorse” indicate quindi
della capienza di queste in riferimento alle situazioni da tutelare.
La definizione quantitativa del “contingente numerico”, inizialmente stabilita in 50.000 unità, per tutte le tipologie di lavoratori da salvaguardare, venne poi trasformata in una somma di danaro in funzione di ogni singola annualità di spesa e indicata nello stesso art. 24 c. 15. La quantificazione iniziale nel Decreto Legge di 50.000 soggetti era indicata nella relazione tecnica di accompagnamento come essere stata “verificata anche sulla base dei dati amministrativi degli enti previdenziali interessati (cfr. nota 5 a pag. 46 della relazione tecnica redatta dal Governo di accompagnamento del DL).
Infine la platea di lavoratori interessati alla tutela venne poi ampliata per effetto dell’emanazione del DL 29/12/2011 n° 216 e della Legge di conversione n° 14 del 24/2/2012. Non è il caso di ripercorrere qui il dibattito sulla veridicità dei dati quantitativi che si sono rincorsi sulla stampa, sui media in generale, spesso se non sempre privi di oggettività e non supportati da certezze normative né di fatto.
Arriviamo finalmente, dopo uno slittamento del termine inizialmente previsto per marzo 2012 all’emanazione in data 1 giugno 2012 del Decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’ Economia e delle Finanze. Il Decreto, dopo una lunga gestazione e un ulteriore insolito ritardo viene finalmente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n° 171 del 24 luglio 2012.
Negli articoli del Decreto viene data attuazione in dettaglio a quanto indicato dalla Legge 201/2011; spesso tali fattispecie sono più riduttive delle analoghe indicate nella Legge cui il DM dà “attuazione”, come nel caso della mobilità i requisiti indicati nella norma ministerile sono limitativi rispetto alla Legge prevedendo che la cessazione dell’attività lavorativa sia già avvenuta alla data del 4 dicembre 2011.
Per ciascuna delle ipotesi considerate nel DM vale l’apposita tabella del “contingente numerico” che indica, tipologia per tipologia di soggetti, un numero di lavoratori aventi diritto all’ottenimento della salvaguardia. Ciò che deve essere tenuto in assoluta considerazione è l’intima correlazione tra i numeri indicati nella tabella di cui all’art. 6 e quanto il Decreto stesso indica nelle sue premesse.
In particolare risulta di estrema rilevanza l’ultimo e il penultimo inciso del Decreto che si riporta:
TENUTO CONTO dell’elaborazione effettuata dall’INPS sulla base dei relativi elementi amministrativi, trasposta nella tabella riportata nel presente decreto, che ha consentito di verificare la congruità del contingente numerico programmato con riferimento ai soggetti rientranti in ciascuna categoria di soggetti beneficiari e, conseguentemente, la congruità delle risorse complessivamente predeterminate all’articolo 24, comma 15, del decreto legge n. 201 del 2011;
CONSIDERATO che il numero complessivo di tutti i soggetti di cui alle disposizioni sopra riportate aventi i requisiti per accedere al beneficio rientra nel contingente numerico complessivo di 65.000 unità e che le risorse finanziarie complessivamente occorrenti sono pari alle risorse predeterminate all’articolo 24, comma 15, del decreto legge n. 201 del 2011.
Il Decreto in sostanza afferma che tutti coloro che rientrano nelle consistenze indicate sono il risultato di elaborazioni
e che esse tengono conto delle fattispecie rientranti nelle singole categorie di soggetti da salvaguardare.
Il numero dei soggetti di cui alla mobilità ordinaria è di 25.590. Non va trascurato nemmeno la dichiarazione esplicita contenuta nell’articolo 8 del DM. V’è da rammentare infatti che qualora tale categoria si fosse rivelata più numerosa del previsto, nel milleproroghe era contemplata una clausola di salvaguardia, resasi poi non necessaria.
Articolo 8.
Il numero complessivo dei lavoratori indicato all’articolo 6, aventi titolo ai benefici di cui al presente decreto, comporta un fabbisogno finanziario complessivo nel limite individuato dall’articolo 24, comma 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modifiche e, pertanto, non occorre applicare la clausola di salvaguardia di cui all’articolo 6 bis del decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito con modificazioni con legge 24 febbraio 2012, n. 14.
Così come infine lo stesso DM non ripropone l’indicazione che qualora fosse raggiunto il limite numerico non si prenderebbero in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate a usufruire dei benefici ante D.L. 201/2011. Lo stesso Ministero, a mezzo dell’intervento del Ministro al Senato della Repubblica nella seduta del 19 giugno 2012 indica in alcune tabelle come i dati sono stati ricavati. Sempre per i soggetti in mobilità la platea iniziale dei lavoratori selezionati dagli archivi per la verifica delle salvaguardie alla data del 4.12.2011 e per il periodo dal 2013 al 2019 è di 41.200.
A questo dato vanno detratti n° 4.950 lavoratori con requisiti già maturati al 31.12.2011 e quindi già in pensione; n° 1.400 lavoratori con diritto alla salvaguardia ma non conteggiati perché non producono oneri in quanto la data di decorrenza del pensionamento risulta identica in entrambe le normative, vecchia e nuova; n° 12.550 lavoratori non considerati in quanto nel periodo di salvaguardia prevista nel Decrto Ministeriale non raggiungono i requisiti richiesti.
Il risultato è di n° 22.300 lavoratori salvaguardati che producono oneri . Questo numero risulta poi “arrotondato prudenzialmente” – così è letteralmente indicato – in n° 25.590 e riportato nel Decreto Interministeriale. Questo numero di 25.590 risulta anche ripartito per annualità di decorrenza della pensione come indicato in apposita tabella sempre allegata all’intervento del Ministro in sede di informativa del Governo in data 19/6/2012.
E’ necessario richiamare ancora quanto previsto da ultimo, e ciò è di estrema importanza, dall’art. 22 del D.L. n° 95 del 6 luglio 2012 (cd. Spending Review) come convertito dalla Legge7 agosto 2012 n. 135.
A fronte delle polemiche e dubbi sorti che mettevano in evidenza possibili profili di illegittimità del DM in riferimento ai cambiamenti di fatto introdotti rispetto al disposto normativo di Legge e quindi nell’intento di dare efficacia di Legge alle disposizioni del Decreto Ministeriale del 1 giugno 2012 l’articolo 22 così prevede:
“Salvaguardia dei lavoratori dall’incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico”
Ferme restando le disposizioni di salvaguardia stabilite dai commi 14 e 15 dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e dai commi 2-ter e 2-quater dell’articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, nonche’ le disposizioni, i presupposti e le condizioni di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze del 1° giugno 2012, che ha determinato in sessantacinquemila il numero dei soggetti interessati dalla concessione del beneficio di cui alle predette disposizioni, le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011 continuano ad applicarsi, nel limite di ulteriori 55.000 soggetti, ancorche’ maturino i requisiti per l’accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011:
[omissis ]
La valenza che assume in questo contesto la disposizione richiamata è di notevole importanza.
Con il recepimento in un atto avente valore di Legge primaria qual’è l’art. 22 del DL 95/2012 convertito in Legge, le parole tutte e i concetti del DM assurgono a dignità di Legge; meglio sono Legge essi stessi. Di conseguenza è la Legge che sancisce la disponibilità delle somme che corrisponde ai 65.000 lavoratori che a loro volta rientrano nei presupposti delle fattispecie normative. La congruità delle risorse risulta coerente rispetto a coloro che hanno maturato il diritto di avvalersi della salvaguardia ed è indicata nella Legge e conseguentemente non può essere ignorata né disattesa.
In altre parole è la Legge che afferma che le risorse sono state determinate
in funzione di tutti coloro che hanno i requisisti di cui al Decreto Ministeriale !
La certezza della numerosità della platea dei lavoratori salvaguardati che corrisponde alle fattispecie indicate nel Decreto Ministeriale, risultato a sua volta di un’analisi specifica, è un dato normativo primario.
Né l’ INPS, chiamata ad applicare scrupolosamente la Legge né i media informativi che svolgono una funzione essenziale di “veicolo della verità” possono né debbono introdurre elementi di incertezza e dubbio rispetto al fatto che coloro che rientrano nell’ambito di quanto previsto dalla Legge (leggasi DM dei 65.000) debbano ritenersi salvaguardati dagli effetti della Riforma del 2011.
Luigi Messina
Commenti
9 risposte a “Il punto su salvaguardia, limiti numerici e decreti”
Vero, il governo ha ampiamente sottostimato i numeri e su questo avevamo ben pochi dubbi. Sarebbe però un errore assecondare la tesi che tutto debba imputarsi ad una questione di intemperanza o ad una sottostima del problema. Sicuramente il ministo Fornero ha sbagliato e lo ha pure ammesso seppur a denti stretti ma i suoi errori non sono affatto casuali come non è casuale che ora ci siano 400mila famiglie sulla soglia della disperazione. altrettanto non casuale sono questi “dimenticati” che spuntano alla bisogna. E si, perché a forza di aggiungere persone da tutelare, senza mai ritoccare al rialzo gli stanziamenti, si andrà necessariamente in direzione di un provvedimento assistenziale a danno di quello previdenziale dovuto. Non a caso, mentre spuntano questi 8900 (ma non dimentichiamo gli oltre 4000 pubblici che l’ INPS vuole dimissionare entro l’anno), spunta anche l’idea di un fondo iniziale di 100 milioni a sostegno di chi resta senza lavoro e senza pensione.
Mentre da destra a sinistra si fa propaganda elettorale sulle disgrazie degli ex lavoratori (smettiamola di lasciarci chiamare “esodati”), in realtà ci si accinge a relegane la stragrande maggioranza in un limbo esistenziale fatto di elemosine e sussidi forse a vita.
Oggi il presidente della commissione lavoro della camera S. Moffa ha dichiarato che nell’incontro con il Ministro Fornero sono emersi ulteriori 8900 lavoratori, (oltre ai 65000+55000),che nel biennio 2013-2014 maturano il diritto ad essere salvaguardati e questo al netto della platea degli accordi territoriali ed individuali !!! che l’Inps non è in grado ancora di quantificare
Ovviamente mancano le risorse economiche per tutelare questi ulteriori esodati.
E’ chiaro ormai a tutti (spero) il grossolano errore del governo,che ha prima quantificato in 50mila,poi in 65mila,poi ancora in 120mila sino ad arrivare a 130mila soggetti da salvaguardare, ben lontano dai 300-400mila soggetti stimati dai sindacati già alla fine del 2011.
Solo ora apprendo dalla lettura su questo sito che alcuni hanno interpretato al contrario le mie analisi. Alcuni ritengono che quanto sostenuto nella disamina sia inaccettabile in quanto non terrebbe conto del messaggio inps ! Ma ragazzi io ho cercato di sostenere una tesi in base ad un ragionamento di diritto. Ovviamente so bene che vi sono interpretazioni difformi e anostro danno e tra queste anche alcuni tesi dell’istituto previdenziale sottese nei comunicati !
A tale proposito ricopio un mio successivo intervento che forse spiega meglio agli scettici come la pemso !
Graduatoria: i dizionari della lingua italiana indicano il termine graduatoria come un elenco di nomi redatti sulla base del merito, delle qualifiche o titoli. Utilizzare quindi questo termine da parte dell’ INPS e dei suoi addetti e dipendenti sul territorio, è a mio parere del tutto errato. I lavoratori che rientrano nelle fattispecie di cui al DM dei 65.000 hanno tutti indistintamente i medesimi titoli, dal punto di vista prettamente giuridico di ogni altro appartenente alle fattispecie indicate. Diversamente operando si discriminerebbero infatti quei diritti che ne risulterebbero affievoliti. Nessuna “graduatoria” quindi – tutt’al più – casomai – un’insufficiente disponibilità di somme ! Nella denagata ipotesi che si versasse in tema di insufficienti risorse, ma abbiamo riflettuto che la Legge dice peraltro l’opposto, ovvero che i soldi ci sono, ci sarebbero alcuni lavoratori NON salvaguardati, ma NON perchè non rientrano nella “graduatoria” ma solo perchè non ci sono i “soldi” ! A quel punto dovrebbero essere trovate le risorse per chi non è stato salvaguardato, NON perchè è fuori dalla “graduatoria” !
Enrico, mi permetta di farle notare che certamente non ha compreso il senso dell’articolo del Sig. Messina.
Non potrebbe ritenere “inaccettabili” le conclusioni a cui perviene l’autore se avesse ben chiara la differenza che passa tra un Decreto (cioè una legge) e un messaggio dell’Inps che ha (avrebbe) l’unica finalità di tradurre la volontà del legislatore in criteri operativi. L’Inps, le ricordo, è un Istituto meramente tecnico e pertanto non ha alcun potere di distorcere a piacimento le leggi cui deve pedissequamente dar seguito. Spero che il concetto le sia davvero chiaro nel malaugurato caso dovesse ricorrere contro una esclusione non contemplata dal Decreto Interministeriale. Purtroppo, debbo prendere atto di questa sua ultima precisazione per constatare che malgrado vi siano persone come il Sig, Messina che tentano di far luce sul profilarsi di una lesione dei nostri diritti, la cosa anzichè produrre riflessioni atte a preparare eventuali contromosse legali, genera addirittura contestazioni perchè le conclusioni sono “inaccettabili”. Io invece le accetto di buon grado e esprimo il mio plauso per la precisa disamina.
Il mio commento precedente ha voluto precisare come siano del tutto inaccettabili le conclusioni dell’articolo del sig.Messina, in quanto basate sulla disamina del solo DM del 1 giugno 2012.
Quanto riportato nel virgolettato del mio commento precedente, non sono letture tra le righe nè interpretazioni ,ma è l’esatto contenuto del messaggio INPS n.13343 del 09.08.12.,che ribadisce” il limite delle risorse predeterminate” della legge 201/2011.
Le uniche interpretazioni sono quelle del Governo e dell’INPS,che alle parole non hanno dato seguito con i fatti,lasciando tutti gli esodati senza alcuna certezza dei propri diritti.
Il sig.Luigi commenta e trae delle conclusioni senza valutare il successivo messaggio inps n.13343 del 09.08.2012 ,che invece per ogni categoria di lavoratori salvaguardati ripropone ad ogni punto :”il criterio ordinatorio del monitoraggio delle disponibilità nel plafond assegnato alla categoria è quello della data di cessazione del rapporto di lavoro (o di inizio dell’esonero dal servizio)”.
Tale messaggio quindi riprende in modo esplicito il ”limite delle risorse predeterminate”di cui al comma 15 dell’art.24 della legge 201/2011.
L’INPS con tale messaggio conferma nuovamente di non avere nessuna padronanza dei numeri effettivi dei potenziali salvaguardati.
Che l’INPS non abbia o non voglia avere alcuna padronanza dei numeri, nessuno lo mette in dubbio e basta una semplice lettura dei fatti per averne conferma. L’articolo di Luigi Messina però è scaturito in un contesto ben definito, in conseguenza del quale, sia attraverso i media che sul web stesso, si diffondeva una intensa campagna allarmistica, il cui unico esito era quello di subliminare nell’opinione pubblica la convinzione che la salvaguardia stessa, se non un fatto addirittura casuale, comunque sarebbe stata di fatto legata a tali e tante coincidenze da renderla quasi un evento eccezionale. Luigi Messina ha semplicemente voluto rimarcare che invece governo e INPS hanno sempre sostenuto la congruità di quanto stanziato, tanto da affermare che “nessuno sarebbe stato lasciato senza stipendio e senza pensione” e lo ha fatto attraverso una lettura letterale dei decreti emanati. Questi ultimi riportano per altro affermazioni inequivocabili, ribadite pubblicamente ed eventualmente producibili anche in sede di giudizio. Altro è ciò che tutti noi leggiamo tra le righe dei decreti; per tutti basterebbe pensare che, se lo stanziamento fosse sufficiente a sanare tutte le posizioni, inutile sarebbe predisporre una graduatoria a seguito di una verifica talmente pomposa quanto farraginosa e maldestra. A noi spetta di leggere i testi di legge per ciò che, in corretto italiano, essi esprimono; le interpretazioni, se sarà il caso, spetteranno agli studi legali.
Il decreto sulla salvaguardia si regge su un preciso presupposto: che le risorse stanziate siano congruenti, anzi perfino prudenzialmente sovrastimate.
Questo è stato dichiarato dalla Fornero in più occasioni mentre l’INPS ha sempre sostenuto di aver piena padronanza dei numeri forniti. Stabilito questo ora, in linea di principio, non possiamo condividere tutto l’allarmismo che da più parti si sta alimentando.
Le certezze del ministro e del suo governo sono scritte nel decreto del 1 giugno, che Luigi Messina ha così dettagliatamente commentato. Con altrettanta evidenza,le certezze dell’INPS traspaiono dai messaggi successivamente diramati. Noi dobbiamo quindi assumere che tutti gli aventi diritto alla salvaguardia assommino a non più di 65mila unità e che questo non comporti una spesa, per il 2013, superiore allo stanziamento previsto (245 milioni). In caso contrario il decreto del 1 giugno sarebbe il prodotto di un errore clamoroso, oppure di affermazioni non vere. In conseguenza della casistica nella quale si verrebbe a collocare la vicenda, non ci sarebbero alternative alle dimissioni del ministro, dei vertici INPS oppure di entrambi, a seconda del caso.
Buon giorno, secondo quanto scrive il sig° Luigi nel marasma delle leggi, decreti, proposte legislative, ecc. “noi” in mobilità che rispettiamo le clausole di salvaguardia dovremmo essere “salvaguardati”.
Allora perchè non si è voluto con chiarezza far intendere questa certezza indicando invece nelle risorse economiche i limiti del contingente.
Che senso ha porre la questione in questi termini?
“Ci sono lavoratori in mobilità, che nel periodo della mobilità rispettano il conseguimento dei necessari vincoli contributivi, hanno interrotto il lavoro in data specifica, cos’altro si deve ancora dimostrare”…
Se una legge decide una data cosa, per una platea di cittadini che siano in regola con quanto richiesto perchè imporre una clausola che decida senza decidere, che indichi senza indicare, che dica senza dire, in una forma “astratta” e crudele per mettere il cittadino davanti al suo misero grado di suddito?
Con simpatia “un lavoratore in mobilità ordinaria che: ha ad oggi 39,4 mesi di contribuzione, che è in mobilità da settembre 2011 ed ha la stessa mobilità che durerà ancora fino a metà settembre del 2014” ed avrà allora 41 anni e 4 mesi di contribuzione