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Riflessioni dopo 50 giorni di isolamento

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Di questi giorni leggo cose che mai avrei immaginato di dover leggere.
Leggo di quei poveri di spirito che, anche di fronte alla lampante dimostrazione della estrema caducità delle vite, continuano a celare le loro frustrazioni dietro reiterate squallide ed ingiuste guerre generazionali. Leggo di infami che un giorno ti accamano quale eroe pronto ad immolarsi all’altare della sanità ma, il giorno dopo, non lesinano minacce ed insulti se soltanto ti azzardi a rientrare a casa se, per tua sfortuna, casa tua è situata nei pressi della loro. Un giorno santi e il giorno dopo monatti, sopraffatti da un irrazionalee tripudio di illogicità, di piccineria frammista a vera e propria cattiveria che rasenta ormai la barbarie più disumana. Leggo di inconcepibili partigianerie tra fazioni di lavoratori che, in epoche più pregne di ideali, avrebbero invece fatto fronte comune a tutela di un unico diritto.

Per altro verso leggo di diatribe che con le piccinerie di certi soggettivi interessi e con i personali convincimenti, in effetti, poco hanno di che spartire. Diatribe talvolta anche aberranti per i concetti palesati e per quelli che ne conseguirebbero ma, una cosa sono i vaniloqui del disarmato culturale di turno; altra cosa sono i falsi problemi e i conflitti creati ad arte per sviare l’attenzione dai veri problemi e la propaganda costruita sulle notizie incontrollate. Distogliere l’attenzione dai problemi reali con un diversivo nei momenti chiave pare sia diventata ormai la strategia principale di una politica avara di statisti e pressochè orfana di idee. Una strategia che potremmo sintetizzare con una serie di slogan: dal “prima gli italiani” all’ “aboliamo la Fornero”, per finire al recentissimo “non gli consentiremo di firmare il MES”. Slogan privi perfino di un reale significato; tanto vuoti di sostanza quanto utili unicamente a ridurre la politica ad una indegna caciara, nel mezzo della quale ogni illiberale trasformazione del Paese ha potuto passare indenne anzi, il più delle volte ci è passata tra gli osanna di chi va in brodo di giuggiole al solo sentirsi definire anacronisticamente “popolo”.

Se non fosse sufficiente il succedersi delle cronache politiche, basterebbe osservare il proliferare e l’intensificarsi di queste iniziative di disturbo per comprendere che stiamo vivendo momenti cruciali per il futuro del Paese. Lo sbilancio statistico tra Nord e Sud dei numeri sulla pandemia e i gravi fatti successi nelle RSA meriterebbero commenti ben diversamente indirizzati da quelli usciti per bocca dei responsabili di certe testate, così come la questione della privacy, che da giorni imperversa intorno all’impiego dell’app “immuni”, se ha una ragione per esistere, dovrebbe incentrarsi su questioni di sostanza e tralasciare le paturnie del folgorato sulla via di Damasco di turno che, dopo aver distribuito ogni conoscenza di se ai cinque continenti senza batter ciglio, improvvisamente si preoccupa di preservare la propria privacy. Qual’è il problema? Fulminato alle porte di Damasco o direttive di scuderia?

Probabilmente, a breve, il Governo dovrà imboccare l’unica via realmente praticabile per accedere velocemente agli aiuti europei. L’acronimo MES, per il suo passato e per come funziona il relativo meccanismo, giustamente incute apprensione ma esistono alternative percorribili che possano dare ristoro immediato alla crisi che si è aperta? Sono gli stessi imprenditori che chiedono di fare in fretta. Gli eurobond o pandemiabond o come diamine li vogliamo chiamare, necessitano di più tempo ed ora il tempo è prezioso. Per altro verso, l’entità del prestito equivale ad una tranquilla finanziaria ed è pienamente sostenibile nel lungo periodo. Nel breve e medio periodo, potrebbero intervenire i bond a copertura mentre che il Paese, a differenza di molti altri considerati virtuosi, dispone di imponenti ricchezze private ad eventuale ulteriore garanzia. Si, perchè leviamoci dalla testa che eventuali interventi straordinari, a copertura del debito, possano essere pensati, ancora una volta, a discapito dei soli redditi assoggettati a ritenute alla fonte. Il debito che il governo sta per accollarsi serve a tutelare la salute di tutti i cittadini e non solo di alcune categorie. Se, in futuro, il Paese dovesse essere chiamato in causa per onorare il debito, che nessuno si permetta di ordire interventi draconiani sulle pensioni o paventi problemi di liquidità dell’ INPS. Nel caso, non ci potrà essere soluzione diversa da una patrimoniale applicata sul computo complessivo dei redditi e del patrimonio famigliare di ogni cittadino, preceduta da una seria ed efficace lotta all’evasione.

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