Il nuovo presidente dell’INPS, Tito Boeri, sulle pensioni ha le idee molto chiare: ricalcolarle tutte con il sistema contributivo. Questo, secondo le stime degli studi in corso, significherebbe un taglio compreso tra il 20% e il 30% sulle pensioni retributive di operai e impiegati. Altro che tagliare le pensioni d’oro! Quelle che si apprestano a taglieggiare, come se non bastasse il blocco delle rivalutazioni che dura ormai da anni, sono quelle dei lavoratori, degli impiegati, tanto del settore privato quanto di quello pubblico. Solo una forte mobilitazione potrà far recedere i vertici dell’istituto dal proporre, e i parlamentari dall’approvare, con la rituale espressione contrita del “Ce lo chiede l’Europa”, l’abdicazione a quelle che sappiamo essere le condizioni a suo tempo dettate dalla BCE al nostro governo quale insindacabile condizione onde risparmiarci (o non piuttosto rinviarci?) un trattamento identico a quello riservato alla Grecia. Eppure i pensionati, insieme agli esodati e, più in generale, ai senza lavoro a qualunque titolo, costituiscono la maggioranza della popolazione con diritto di voto, la maggioranza delle tessere di partito e, non ultimo, la maggioranza delle tessere sindacali. Di fronte al silenzio e alle ambiguità della politica, di fronte alla retorica populista e di mera facciata di una sua certa parte, di fronte all’ancora più inquietante e totale assenza del sindacato, è ora di organizzarsi per difendere il sacrificio di una intera vita di lavoro, per difendere ciò che oggi non solo è la giusta contropartita per i tanti contributi versati nel puntuale rispetto della legge ma, sempre più sovente, rappresenta anche, a livello famigliare, l’unica forma di welfare funzionante, a sostegno di figli e nipoti disoccupati e privi di qualsiasi prospettiva occupazionale.