manifestanti IIX salvaguardia

Verso una ottava salvaguardia ancora tutta da conquistare

manifestanti IIX salvaguardia
La manifestazione del 22 aprile scorso, organizzata dai sindacati confederali, ha beneficiato di una ben nutrita partecipazione di esodati e di altre categorie di lavoratori, tra le quali spiccano i precoci ma non solo. La manifestazione ha vissuto due momenti ben distinti, che inducono a considerazioni tutt’altro che convergenti, tutt’altro che rasserenanti.

Non sto qui a ripetermi sul grave equivoco intorno al quale si sta giocando la partita sulla flessibilità in uscita. D’altra parte, non ho mai fatto mistero delle mie profonde perplessità nei confronti di soluzioni di questo genere. Ne ho già parlato in altre occasioni e purtroppo temo che se ne tornerà a parlare ancora a lungo; soprattutto quando a cadere nella rete della flessibilità saranno le generazioni future, se mai la legge verrà rivista in tal senso. Qui voglio analizzare la giornata di mobilitazione nel suo complesso e nelle prospettive che da tale manifestazione emergono.

Non si può dire che sia stata una manifestazione oceanica ma la partecipazione è stata nutrita e molto attiva, tanto da parte degli esodati quanto da quella dei precoci. Soprattutto – e questo è certamente positivo – c’è stata la piena consapevolezza di tutte le parti in causa, della specificità delle istanze di ogni categoria di lavoratori ed ex lavoratori convenuta, cosa ribadita anche dai funzionari del Ministero intervenuti al successivo incontro con una delegazione di esodati. Sotto questo aspetto si tratta di un buon risultato se si considera che, solo una settimana prima, la confusione tra diritto acquisito e aspettative di riforme, tra salvaguardia e flessibiltà, ancora costituiva un limaccioso mare ideologico nel quale un po’ tutti, sindacato e governo compresi, si dibattevano.

Chi ancora vivesse nella errata o strumentale convinzione che l’attuale generazione di sessantenni ricalchi lo stereotipo del nonno parcheggiato nel giardino sotto casa o che rifugga dall’utilizzo delle moderne tecnologie 2.0 deve ricredersi. Gli oltre quattro anni di lotte condotte dagli esodati, ora a fianco dei precoci, dimostrano l’esatto contrario e la manifestazione del 22 scorso, seconda per partecipazione e creatività solo a quella del 14 aprile 2012, ne è la più chiara delle dimostrazioni.

Partecipazione, creatività ed incisività degli slogan sono tra gli elementi indispensabili a trasformare un popolo nella cosiddetta “massa critica” e questi ingredienti ci sono stati anzi, scrutando a ritroso si direbbe che siano in crescendo. Di questo se ne deve dare atto ai partecipanti sempre più simili, in senso figurato ma nemmeno troppo, a canuti combattenti. Parimenti ne va dato atto allo strenuo impegno di uno sparuto gruppo di irriducibili rappresentanti che, per tutto questo tempo, hanno gestito i comitati.

Il secondo momento della giornata è stato l’incontro, a lato del proscenio della piazza, di una delegazione di esodati con alcuni esponenti del Ministero del Lavoro. Occorre riconoscere che, su questo fronte, i motivi di preoccupazione purtroppo non difettano. Le divergenze vertono su più ordini di cose e, cosa questa davvero preoccupante, dai resoconti della giornata non emerge alcuna disponibilità, da parte del Ministero del Lavoro, a riconsiderare talune letture della Legge, talvolta strettamente letterali, tal altra quanto meno discutibili, ma tutte di fatto convergenti nell’imprimere una preoccupante inerzia al complesso iter della salvaguardia.

Poco inficia se ora, dopo ben due anni che se ne parla in Parlamento e negli atti ufficiali, il Ministero del Lavoro ci informa che i 49.500 esodati dichiarati da INPS in sede di interrogazione parlamentare, sarebbero una stima e non un dato ufficiale, perciò non verificato al di la di ogni dubbio. Questo semmai potrebbe essere materia di valutazione di merito circa le efficienze di un apparato che, dal 2011 ad oggi, ancora non è riuscito a fornire un solo dato ufficiale e certo nel merito della consistenza di un insieme di soggetti da lui stesso gestito. Questo semmai potrebbe costituire motivo per indirizzare una calorosa esortazione al Dott. Boeri a prodigarsi maggiormente nel far funzionare meglio la gigantesca struttura istituzionale della quale lui è responsabile, ad impegnarsi cioè nel suo incarico prettamente amministrativo anziché spendersi nel progettare e perorare soluzioni politiche di dubbia applicabilità e di ancor più dubbia costituzionalità.

Il dato, come da interrogazione, era quantificato sull’arco temporale del triennio 2016/2018 ed era propedeutico alla settima salvaguardia. La settima salvaguardia fu invece approvata per il solo 2016 e per soli 26.000 soggetti tra i quali, è sempre bene rammentarlo, 6.000 non erano in possesso del requisito di esodato. Si parla quindi di 21.000 esodati aventi decorrenza nel solo 2016 a fronte di 49.500 con decorrenza nell’intero triennio.

Perché questo ricorso? Perché durante l’incontro è stata paventata anche l’eventualità di una mini-ottava, magari per soli 10.000 esodati, adducendo a motivo la possibilità che, a consuntivo della settima salvaguardia, i risparmi possano risultare inferiori al previsto. Nel merito di queste affermazioni – che risultano da alcuni resoconti della giornata – credo sia indispensabile riprendere i dati aggregati dell’ultimo report INPS attualmente disponibile dai quali si evince chiaramente che i risparmi necessari a finanziare le restanti 24.000 salvaguardie già sono stati realizzati quindi, ai sensi della Legge 228/2012, art.1, comma 235, devono essere utilizzati per ulteriori salvaguardie a copertura delle decorrenze almeno fino a tutto il 2018. termine che, è bene rimarcarlo, non è fissato dalla Legge (la Legge 228/2012 non pone limiti temporali) ma realizzerebbe almeno quel congruo transitorio che si evince dallo studio della tradizione legislativa del nostro Paese, nonché del resto dell’Unione Europea e del mondo civile nella sua generalità e che, per queste precise ragioni, è espressamente riportato nella richiesta di transitorio inserita nell’atto costitutivo della Rete dei Comitati denominato “Dossier Esodati”.

Estratto dal report INPS del 10 settembre 2015

Numero limite di soggetti salvaguardati previsto dalla Legge: 170.230
Certificazioni accolte: 115.967
Domande giacenti: 5.566

Visto che per, per quanto concerne tutte e sei le salvaguardie, sono da tempo caduti in prescrizione i termini per la presentazione delle domande e considerata l’ipotesi più sfavorevole per la quale, nella settima andassero ad esaurimento tutte le salvaguardie messe a disposizione, è possibile già ora affermare che le salvaguardie fin qui risparmiate non possono essere meno di

170.230 – 115.967 – 5.566 = 48.697

Perché dunque introdurre l’ipotesi di un nuovo provvedimento tampone basato sul criterio dell’anno per anno, ben sapendo che, per volontà espressa dallo stesso Ministero nonché in previsione di possibili avvicendamenti nel governo del Paese, quasi sicuramente non ci sarà spazio per ulteriori provvedimenti? Inoltre, perché irrigidirsi su una lettura manichea del dettato legislativo laddove prescrive un consuntivo annuale delle risorse, quando già si ha piena consapevolezza della sua sufficiente consistenza? In tal modo si dilatano inutilmente e pericolosamente le tempistiche; si tramanda a fine anno la discussione della legge, con la concreta prospettiva che il tutto (salvaguardia e flessibilità) confluisca nel Mare Magnum della Legge di Stabilità.

Non eguale rigidità è stata adottata, per esempio, quando si è trattato, in totale contrasto con il già citato comma di Legge, di inserire nelle salvaguardie categorie di lavoratori addirittura ancora in servizio (vedi ex Legge 104 e ferrovieri) o di utilizzare per tutt’altro scopo fondi che la Legge esplicitamente aveva destinato alla salvaguardia degli esodati (vedi Opzione Donna).

PER NON DIMENTICARE

Decreto Legge 185/2015
Art.13 – Fondo Sociale per l’occupazione – 400 Mln
Art 17, lettera m) – A copertura generale del decreto – 123,6 Mln

Decreto Legge 208/2015 (Legge di Stabilità)
Art. 1, comma 273 – Sostegno al reddito – 124 Mln
Art. 1, comma 281 – Opzione Donna – 209 Mln
Art. 1, comma 289, lett. a) – Aumento No-Tax area – 58 Mln

Iscritti a bilancio generale quali economie degli anni 2012-2013 – 485 Mln

Totale fondi stornati 1399,6 Mln

Il punto non sta quindi nell’attesa del consuntivo della settima salvaguardia onde valutare i risparmi conseguiti, bensì nel prendere atto del fatto che i risparmi fino a qui realizzati già sono sufficienti. Il problema non è nemmeno quello di reperire altri fondi perché basta ripristinare quelli utilizzati per scopi diversi.

Tutto questo – è bene ribadirlo – non può prescindere da una chiara e netta separazione delle tante problematiche previdenziali in discussione. Non si deve confondere l’istanza di un diritto con l’esigenza di migliorie legislative; parimenti non si deve attribuire lo status di esodato al di fuori dei requisiti noti e condivisi anche dal governo e dalle forze politiche, così come non sarebbe razionale un allargamento dei requisiti, come da più parti auspicato, dagli attuali 12 mesi dal termine della mobilità, a 36 mesi.

Con la vecchia legislazione le finestre mobili erano due all’anno e la pensione non poteva decorrere prima che fossero trascorsi 6 mesi dal raggiungimento dei requisiti. Ne deriva che l’attesa della decorrenza poteva variare da un minimo di 6 mesi e un giorno a un anno meno un giorno. Con la controriforma del governo Monti, la proroga della decorrenza è passata a 12 mesi mentre che il requisito anagrafico aumenta dei mesi previsti dalle aspettative di vita. In soldoni e senza tener conto della regola della compensazione che in talune circostanze si traduce in una attesa più breve per chi si avvale delle quote, la controriforma ha comportato una maggiore attesa che può andare dai 7 mesi delle attuali aspettative di vita, ai 13 mesi dei casi meno fortunati. A che pro allargare quindi la salvaguardia a 36 mesi quando questo andrebbe a beneficio dell’allargamento della platea di alcune specifiche categorie di esodati mentre, per contro, restringerebbe quella di altre categorie, come i contributori volontari, a causa delle restrizioni imposte dai limiti numerici contenuti nei provvedimenti legislativi? Ben venga un allargamento delle platee ma solo se questo va parimenti a beneficio di tutte le categorie e solo dopo aver appianato le pesanti discriminazioni di categoria attualmente esistenti.

Per chiarezza occorre infatti rammentare che tutti i provvedimenti fin qui approvati contengono un macroscopico elemento di iniquità laddove per le categorie dei mobilitati viene richiesto il raggiungimento dei requisiti entro una certa data mentre che, per le altre categorie entro la stessa data è richiesta la decorrenza. Questo significa che, tra due lavoratori della stessa azienda, nati lo stesso giorno, assunti lo stesso giorno e dimessi lo stesso giorno, uno in mobilità e l’altro in contribuzione volontaria, se il primo è salvaguardato, non è conseguente che lo sia anche il secondo; questo nonostante il primo abbia beneficiato del sostegno della mobilità mentre il secondo non abbia ricevuto alcun sostegno ma, in compenso, abbia dovuto versare decine o magari centinaia di migliaia di euro in contributi.

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