La burla dell’emendamento per gli esodati

E venne anche il giorno in cui il copione, mandato in onda ormai da un anno per opera di una regia nata molti anni prima nei riservati antri di un hotel olandese (leggi gruppo Bildeberg), scrive la parola fine, non alla loro indegna odissea, ma quanto meno allo squallido balletto di chiacchiere vane e alle troppe promesse puntualmente disattese nei confronti della tragedia degli ex lavoratori ai quali, ripuliti i concetti dalle falsità storiche e dalla pelosa retorica, non resta che la nuda realtà di una feroce rapina, perpetrata ai danni loro, delle loro famiglie, dei loro discendenti e della spallata inferta agli equilibri dello stato sociale, costruiti nel secolo scorso col sacrificio e col sangue di tanti nostri connazionali e progenitori.

Se palesi fin dal primo momento potevano apparire gli intenti dei gendarmi imposti dal FMI, così rigidamente allineati alla filosofia del cieco rigore che pervade ormai da tempo le cancellerie dell’ “Europa che conta”, meno evidente poteva risultare per taluni, fino a ieri, il degradante livello di asservimento a questo turpe disegno raggiunto dai rappresentanti politici che, per pura proforma, tanto per preservare una ipocrita immagine di democraticità agli occhi dell’opinione pubblica internazionale e in vista delle incombenti elezioni, continuano a sopravvivere benché mantenuti intenzionalmente in uno stato di coma farmacologico dal potere, quello vero. Non manca, in questo desolante quadro, la partecipazione, volutamente atona e incolore, delle parti sociali a saldare tra loro l’aberrazione di una inesistente politica con la sofferente realtà sociale nella quale il paese é stato intenzionalmente sprofondato.

Qualcuno ieri scriveva che “La montagna ha partorito un topolino” e se guardiamo i fatti esclusivamente da un punto di vista formale questo è profondamente vero: dopo un anno durante il quale non sono certo mancati i colpi di scena, molto si è fatto, scritto e detto ma, nella sostanza, nulla è mutato ma, a ben vedere, la realtà é assai più inquetante di un semplice “nulla di fatto”

Si diceva, nel Dicembre scorso, che sessantacinquemila ex lavoratori sarebbero stati salvaguardati dalla riforma e sessantacinquemila sono in effetti quelli che, ad oggi, possono vantare buone possibilità di ottenerla. Quando saranno confermate le salvaguardie ancora non ci è dato purtroppo saperlo e, il fatto che siano occorsi sei mesi per riscrivere, quasi pedestremente, un decreto di appena due pagine dattiloscritte ed ora siano già più di tre mesi che restiamo in trepida attesa di una banale conferma da parte dell’INPS, lascerebbe purtroppo intendere tempi biblici ma tant’è: con l’inserimento dell’ultimo emendamento (con ulteriore coda subemendamentale), la partita si chiuderà Giovedì 29 Novembre con l’approvazione della Legge di Stabilità 2013 che altro non è che la vecchia e nota “Finanziaria” (ma il termine “Stabilità” rimarca meglio il concetto trainante di “Rigore” ad uso dei soliti noti) ed é quindi probabile che, per i 65mila, la fine dell’Odissea sia ormai prossima.

Per quanto riguarda il resto di quell’imponente esercito, composto da circa 400mila famiglie, ben poco si è chiesto e ancor meno si é ottenuto. E’ stato promulgato un decreto ma intanto si temporeggia nel pubblicarlo e comunque, è ormai a tutti evidente che la cosiddetta “salvaguardia”, per questi ultimi, non coinciderà, se non per alcuni soltanto, nel riconoscimento dei legittimi diritti, bensì nella semplice dilazione del loro dramma e nel sostanziale mascheramento del danno sociale arrecato. Per altri, come nel caso dei licenziati per fallimento dell’azienda, la conclusione è ancor più tragica:

sono stati semplicemente stralciati dall’emendamento: non esistono.

Su questo punto dobbiamo però aprire una ampia parentesi perché siamo giunti al cuore del problema ed é su questo fronte che ora, a mio parere, deve focalizzarsi l’attenzione dei gruppi e dei comitati che operano a favore di mobilitati, esodati e quant’altri rimasti senza lavoro a causa del sopruso perpetrato nei loro confronti dalle leggi.

Premesso che non si tratta, come piace dipingere a chi ci governa, di una questione di buona volontà o di vane pretese ma di pura, semplice e dignitosa sopravvivenza, valutiamo le implicazioni di quelle che sono state eufemisticamente definite “soluzioni eque di sostegno attivo” che, detto in parole semplici, significano molto semplicemente “reinserimento al lavoro”.

Su questo fronte si sono già mosse alcune aziende ed è prevedibile che, su queste formule, potranno a breve muoversi anche altre, non escluso, ad esempio, il settore pubblico. Può sembrare un paradosso ma come é possibile che aziende, che da un lato dichiarano corposi esuberi, dall’altro assorbano quei dipendenti che già avevano allontanato in quanto ritenuti a loro volta esuberi?

Su questo punto occorre notare che, in tale evenienza, la riassunzione è a tempo determinato, fino alla data di pensionamento, mentre é più che facile presagire che, a fronte di una siffatta riassunzione, ci sarà quanto meno la necessità di liberarsi di uno o più dipendente a tempo indeterminato e, con la snaturalizzazione della legislazione sul lavoro appena operata, non è difficile immaginare come potrà andare a finire. Un “esodato” verrà riassunto e scomparirà automaticamente dalle statistiche. tempo pochi mesi e, applicando questo metodo, per le cronache non esisterà più un solo “esodato”. Né l’esercito degli “esodati” verrà rimpinguato dalle new-entry di coloro che saranno licenziati, formalmente per “riduzione del personale” ma in realtà per far posto ai riassunti, perché (e questa è la novità contenuta nell’emendamento), questi saranno considerati “esodati” solo quando sarà trascorso il tempo equivalente alla buona uscita ricevuta dall’azienda. Tanto per fare un esempio: traslando il concetto dalla messa in mobilità al licenziamento per motivi economici, chi venisse licenziato assumerebbe questo nuovo stato sociale solo dopo che saranno trascorsi i mesi corrispondenti alla penale ricevuta in refusione del licenziamento subito. In altre parole, chi venisse licenziato, per 27 mesi o quanto sia il periodo in funzione del corrispettivo ricevuto a titolo di penale, per lo stato sociale non esisterebbe nemmeno.

Questo é ciò che attende chi dovesse perdere il lavoro ma vediamo ora cosa accade a chi invece il lavoro lo ritrova.

Essere reinseriti nel mondo del lavoro significa sostanzialmente essere assorbiti dalla riforma pensionistica: chi oggi potrebbe giustamente guardare al pensionamento, rientrando al lavoro sposterebbe la sua pensione avanti di molti anni ma, a prescindere dai legittimi desideri infranti, non è questo il problema. Il problema è che questo lavoratore, che oggi sarebbe andato in pensione col sistema retributivo, ci andrà tra alcuni anni (forse), col sistema contributivo.

Le persone che fino ad oggi sono state messe in mobilità o esodate nelle più disparate maniere, sono persone la cui vita lavorativa, lungo tutta la sua durata, é stata improntata sul modello previdenziale retributivo. Nel loro estratto contributivo ci sono perodi di apprendistato e periodi figurativi che lo stato, improntato come la concezione stessa che una società appena civile può avere dello stato suggerisce, ha tutelato non perché il suo compito sia “regalare caramelle” ma perché imparare un mestiere, difendere il territorio, procreare, acculturarsi le reputa attività utili alla preservazione e alla continuazione della società stessa piuttosto che superflue ostentazioni dell’ego. Applicare il sistema a capitalizzazione nei confronti di queste persone, oltre che un ladrocinio nei loro confronti, significa corrispondergli una pensione “da fame” in misura ancora maggiore di quanto lo sarà quella che spetterà a chi, nel sistema contributivo, ci è stato costretto fin dal primo momento.

Da qualunque parte si osservi la questione quindi, riforma del lavoro e delle pensioni hanno disintegrato lo stato sociale e il turbinoso susseguirsi di decreti, proposte di legge, emendamenti, volti sostanzialmente a prendere tempo gettando fumo, non hanno certo migliorato la situazione. Tanto meno, come invece traspare dai commenti dei media asserviti al regime, é stata data soluzione alla questione esodati. Si è nascosto il problema: gli esodati non saranno più tali solo in virtù di una speciosa convenzione che li definisce tali per lo stato sociale solo dopo che abbiano esaurito qualsiasi fonte di sostentamento, compresi i risparmi e magari anche i beni immobili acquisiti con una vita di sacrifici e non certo per mano di ignoti filantropi, come a certuni accade con sorprendente frequenza.

Se di questo esercito di senza più patria si salveranno i primi 65mila, sarà solo grazie alla costante pressione esercitata dal web nei confronti di partiti e sindacati e che ha portato, in coda all’approvazione dell’emendamento esodati e grazie all’intervento di poche persone illuminate, alla formulazione di un subemendamento che ribadisce, una volta per tutte a chiare lettere, che i fondi stanziati per le prime salvaguardie (i 120mila tutelati dai due decreti), vanno prioritariamente a favore dei soggetti cui sono stati originariamente stanziati e i relativi risparmi potranno essere conteggiati e riversati nel fondo comune solo a consuntivo delle annuali previste applicazioni delle tutele. Non è molto ma, di questi tempi, é bene anche premunirsi di non tornare a casa in mutande.

Un’ultima considerazione va ovviamente all’operato della politica, essa stessa vera antipolitica per definizione, avendo palesato, al di là di ogni ragionevole dubbio, la sua totale abdicazione ai poteri esterni e ricoprendo la funzione di mero soggetto deputato ad escogitare soluzioni tecniche (quindi parlamento “tecnico”) ai provvedimenti della vera politica, quella vera, calata dai più alti scanni del potere ad indicare la rotta (quindi governo “politico”). Il paese non ha bisogno di altre chiacchiere né ha bisogno di locandine raffiguranti improbabili premier travestiti da eroi dei fumetti. Il Paese ha bisogno di risposte chiare ed inequivocabili, soprattutto in relazione alle questioni che le fonti di notizie asservite al regime non amano trattare come, come, per esempio:

  • – ritiro immediato dai teatri delle guerre altrui
  • – taglio agli armamenti (F35)
  • – Ricorso alla Corte Costituzionale per uscire dall’ESM
  • – firma dell’accordo con la Svizzera (manchiamo solo noi)
  • – applicare la tobin tax
  • – tassaree gli immobili del Vaticano (IMU)
  • – imporre la patrimoniale sui redditi elevati
  • – imporre un tetto alle maxi pensioni
  • – stop al finanziamento ai partiti
  • – stop al finanziamento ai quotidiani
  • – fermare le grandi opere inutili

Il paese ha bisogno di un Hugo Chavez, di una Cristina Kirchner che mettano alle corde i mastini del FMI e i loro tirapiedi, Merkel in testa, che rinazionalizzino le aziende migliori e le proteggano dall’assalto della finanza internazionale, che restituiscano dignità e potere d’acquisto ai meno abbienti, che riducano la sperequazione dei redditi. Altro che clown, ministri tecnici, rottamatori, rocce umane e fantasisti vari.

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