Accordo Sindacati Telecom: i non salvaguardati saranno riassunti ma non vale per tutti

In data 26 Ottobre 2012 Telecom Italia ha siglato un accordo con le maggiori rappresentanze sindacali a tutela delle maestranze poste in mobilità e che, per effetto della riforma pensionistica, negli anni a venire si verrebbero a trovare nella condizione di non poter accedere al pensionamento al termine del loro periodo di mobilità.

Si tratta di un accordo significativo quanto innovativo, che segue altri accordi già stipulati da alcune aziende, e pare destinato a fare scuola nel panorama della gestione degli esuberi. L’accordo in questione prevede la riassunzione dell’ ex dipendente a tempo determinato, fino alla nuova data di pensionamento e alle medesime condizioni inquadramentali che aveva in precedenza.

Si tratta sicuramente di una decisione appetibile per entrambe le parti perché, se da un lato si concede la possibilità di ovviare ad un periodo anche lungo di crisi reddituale, dall’altra si può procedere con i programmi di dimissionamento concordato e di ricambio inquadramentale senza incorrere nelle ovvie resistenze che, dopo l’ultima riforma pensionistica e in assenza di tutele efficaci, sarebbero inevitabili.

Da più parti però si leggono commenti improvvisati, che finiscono col travalicare la portata e il senso di tale accordo, generando nel contempo aspettative distorte da parte degli ex lavoratori oggi in ansia per l’attesa salvaguardia. Vediamo quindi di chiarire in maniera inequivocabile i contenuti esatti dell’accordo in questione.

in data 4 agosto 2010, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, si è pervenuti ad un’intesa sindacale, sottoscritta anche dal Ministero del Lavoro e dal Vice Ministro dello Sviluppo Economico, sulle soluzioni volte a gestire le eccedenze di personale dichiarate dall’Azienda;

in attuazione di detta previsione, in data 2 Novembre 2010 è stato sottoscritto tra le parti l’accordo per il collocamento in mobilità di 3.900 lavoratori, secondo il criterio della non opposizione;

Il testo fa quindi esplicito riferimento all’accordo sugli esuberi concordati in sede
ministeriale nel 2010 e non fa riferimento alcuno a quelli precedenti del 2008.

nel corso della vigenza dell’accordo predetto, è intervenuta la riforma del sistema pensionistico, introdotta dalla legge n. 214/2011, che ha altresì previsto una norma di salvaguardia dei requisiti pensionistici previgenti per alcune categorie di lavoratori;

l’applicazione di tale previsione, come definita con successivo decreto interministeriale pubblicato in G.U. del 24 luglio 2012, è destinata a 65.000 soggetti e comprende la fattispecie dei lavoratori posti in mobilità alla data del 4 dicembre 2011 sulla base di accordi sottoscritti in data antecedentenenche maturino i requisiti durante la fruizione dell’indennità di mobilità, prevedendo quindi condizioni coerenti con la mobilità in atto in Telecom Italia;

Il passaggio è oltre modo chiaro: la riforma pensionistica ha modificato i requisiti pensionistici in base ai quali sono state concordate le mobilità stabilite dall’ accordo del 2010 quindi chi ha accettato la mobilità in conseguenza di tale accordo, potrebbe trovarsi nella condizione di non poter più ottenere il pensionamento allo scadere del periodo di mobilità concordato, nonostante sia stato promulgato un secondo decreto a salvaguardia di ulteriori 55.000 mobilitati.

Chi invece ha sottoscritto la mobilità in base ad accordi precedenti (n.d.r. 2008) ed è andato
in mobilità prima del 4 dicembre 2011, è già tutelato dal decreto di salvaguardia del 24 luglio 2012
(c.d. Decreto dei 65mila) quindi non necessita di ulteriori tutele da parte aziendale.

Si tratta quindi di una forzatura concettuale, in quanto si da per scontato che tutti i mobilitati, potenzialmente beneficiari di tale salvaguardia, la otterranno effettivamente, mentre sappiamo bene che è in via di approntamento una graduatoria di accesso al beneficio, che i fondi stanziati sono rigidamente limitati a 245 milioni di Euro e che, non solo sono stati inseriti in corso d’opera ulteriori contingenti di aventi requisiti ma che, almeno inizialmente, molti aventi requisiti sono stati bellamente trascurati. Se tutti gli aventi diritto avranno accesso certo al beneficio, a che servirebbe ora approntare una graduatoria per la quale l’INPS sta lavorando da ben tre mesi, dando per lo più prova di una incredibile sequenza di errori, omissioni e refusi, frammisti a confusione e approssimazione tali che solo la costanza e l’intraprendenza dei diretti interessati riescita in qualche maniera a correggere almeno in parte?

Perché le graduatorie, al pari di quelle della cosiddetta “Lotteria dei 10.000” e alla stregua
di un qualsiasi concorso pubblico, non possono essere consultate dagli interessati?

Perché alle rimostranze presentate su questo tema da parte dei diretti interessati, non c’è stato alcun riscontro ai tavoli delle commissioni o nelle aule parlamentari e la questione è stata bellamente glissata perfino nelle sempre più rare email di ritorno?

Veniamo quindi al nocciolo dell’accordo:

con riguardo ai lavoratori posti in mobilità dall’1.1.2012 al 31.12.2012 che, pui raggiungendo durante il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità i requisiti pensionistici previsti dalla legislazione in vigore all’atto della stipula dell’accordo del 2 novembre 2010, per effetto delle intervenute modifiche legislative, non dovesser più raggiungere il diritto a pensione si conviene quanto segue.

Dopo aver specificato che l’accordo riguarda esclusivamente coloro i quali abbiano sottoscritto la mobilità in base agli accordi del 2010 e che dovessero risultare esclusi dalla graduatoria dei 55.000, viene chiaramente specificato che tale presente accordo è ridotto a chi, stanti i suddetti paletti, sia stato posto in mobilità nel corso del solo 2012.

E gli altri? Vogliamo dare anche a loro la speranza di far parte ancora di un paese civile? Vogliamo dargli qualche risposta, magari rendendo pubbliche le graduatorie che li riguardano, come costituzione impone?

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